Il piano di Draghi sull'Europa: «Proporrò cambiamenti radicali, l'Ue ora è concentrata su cose sbagliate»

diMonica Guerzoni 

Il discorso dell’ex premier Mario Draghi: più competitività. Von Der Leyen: lui e Letta indicano la via del futuro

Voltare pagina non basta. Per costruire un’Europa che sia in grado di competere nel mondo «di oggi e di domani» è ora di mutare paradigma e preparare l’economia dell’Unione a un «cambiamento radicale». Parla Mario Draghi e scuote la politica, da Bruxelles a Roma. Alla High-Level Conference sui diritti sociali l’ex presidente del Consiglio delinea per la prima volta la filosofia complessiva del report sulla competitività che gli è stato richiesto da Ursula von der Leyen.

A La Hulpe, all’evento organizzato dalla presidenza di turno belga, Draghi ha scandito in inglese un intervento corposo e destinato a fare notizia, non solo per i contenuti. Le Europee si avvicinano e non è un mistero che il suo nome sia ritenuto a Roma e in altre cancellerie una delle carte coperte più pesanti per la presidenza della Commissione. Giorni fa, dopo aver incontrato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio Ue Charles Michel non ha chiuso la porta all’eventualità che il già premier italiano possa ricoprire un ruolo cruciale nella prossima legislatura: «Dopo le elezioni avremo un quadro dei risultati...». C’è tempo. E adesso c’è anche il manifesto programmatico che Draghi non ha certo pensato per il suo futuro, ma per quello dell’Europa.

«Ripristinare la nostra competitività non è un obiettivo che possiamo raggiungere da soli, o battendoci l’un l’altro — è uno dei concetti chiave — Ci impone di agire come Unione europea, come non abbiamo mai fatto prima». Le regole per gli investimenti sono costruite «su un mondo che non c’è più». Dopo il Covid e le guerre «ci troviamo in un mondo in cui è tornata la competitività tra le grandi potenze», al punto che «altri Paesi non rispettano le regole» e l’Europa è stata «colta di sorpresa». Gli Stati della Ue non possono continuare a farsi la guerra, devono unire le forze e concordare «una strategia complessiva» per una nuova Unione, «non meno ambiziosa di quella operata dai padri fondatori 70 anni fa».

Draghi affronta il tema del protezionismo con cui gli Stati Uniti provano a tagliare fuori la concorrenza e denuncia il pericolo Cina, con Pechino che «mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena del valore nelle tecnologie avanzate e pulite e ad assicurarsi l’accesso alle risorse necessarie». Processi e appetiti che «minano le nostre industrie» e hanno l’obiettivo di rendere «dipendente» l’economia europea. L’analisi è impietosa. «Non è la competitività a essere viziata come concetto, è l’Europa che si è concentrata sulle cose sbagliate». Persino in settori decisivi come difesa ed energia i Paesi Ue si sono relazionati l’un l’altro «come concorrenti», rivolgendo lo sguardo verso l’interno piuttosto che all’esterno.
Urge un piano industriale, un industrial deal che l’Europa non ha mai avuto. Urge una strategia per la leadership nelle nuove tecnologie. Nel digitale, osserva Draghi, «solo quattro dei primi 50 player al mondo sono europei». E se le imprese Ue tradizionali non riescono a competere è perché altrove i costi energetici sono più bassi, gli oneri normativi sono inferiori e spesso le sovvenzioni statali sono ingenti. Risultato? Tante aziende lasciano l’Europa. La trasformazione che Draghi ha in mente dovrà attraversare tutta l’economia europea: «Dobbiamo poter contare su sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti, su un sistema di difesa integrato e adeguato a livello Ue, una posizione di leadership nell’innovazione deep-tech e digitale...».

Dieci i macro-settori del report che sarà consegnato a giugno alla nuova Commissione e tre i fili conduttori, che impongono una riflessione «su cosa vogliamo fare insieme e cosa mantenere a livello nazionale». Il primo macro-settore è «favorire le economie di scala», dalla difesa alle telecomunicazioni, perché non è possibile che in Europa ci siano «34 gruppi di reti mobili». Il secondo filo conduttore è la fornitura di beni pubblici in quei settori, come energia e computer ad alte prestazioni, in cui valga la pena di «agire insieme». E qui Draghi indica «il progresso dell’Unione dei mercati dei capitali» come un aspetto fondamentale della strategia. Il terzo filo conduttore è «garantire l’approvvigionamento di risorse e input essenziali» nel campo delle materie prime critiche, fondamentali per le transizioni verdi e digitali. Draghi pensa a «un nuovo strumento strategico» che coordini le politiche economiche e, se non sarà ritenuto possibile, sprona a valutare «la possibilità di procedere con un sottoinsieme di Stati membri». Ma sarebbe l’estrema ratio, per un leader convinto che «la coesione politica ci impone di agire insieme, possibilmente sempre».
Von der Leyen è convinta che il report di Draghi sulla competitività e quello di Enrico Letta sul mercato unico «ci mostreranno la strada per il futuro». Positiva, a sorpresa, la reazione di Victor Orban. «Mi piace Draghi». Sarà presidente della Commissione Ue? «Non so, ma è bravo». 

Emma Bonino vorrebbe vederlo al posto di Michel, anche se chi lo conosce bene esclude che l’ex premier ambisca a guidare il Consiglio Ue. Ignazio La Russa riconosce che Draghi «sicuramente ha i titoli per ambire a ogni ruolo», mentre Francesco Lollobrigida apprezza soprattutto che abbia sottolineato «gli errori del passato». È la personalità giusta per guidare l’Europa? «Sono tutti giusti per proporre un cambio di passo».

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16 aprile 2024 ( modifica il 17 aprile 2024 | 11:09)