L'attacco a Israele, la lunga notte della paura: «Pagheranno il prezzo»

di Davide Frattini

Biden frena Netanyahu: «Prenditi questa vittoria» . L’Iran: questione chiusa. Gantz: agiremo nei modi e nei tempi per noi consoni

L'attacco a Israele, la lunga notte della paura: «Pagheranno il prezzo»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME
- I campi scuola e le gite per i bambini restano vietati fino alle 23 locali, come gli assembramenti all’aperto con più di mille persone. Eppure a decine ieri si sono messi in fila per entrare nei negozi di moda, le spiagge a Tel Aviv sono affollate. La notte è stata breve — poco sonno — e lunga l’angoscia, comunque è il primo giorno di vacanza per le festività della Pasqua ebraica. L’allarme — a leggere le indicazioni del comando per il Fronte Interno — non cala, anche se questa volta le precauzioni possono riguardare la reazione iraniana all’eventuale contrattacco israeliano. Quella che per l’ambasciatore di Teheran alle Nazioni Unite è «una questione chiusa» resta aperta per il consiglio di guerra ristretto che il premier Benjamin Netanyahu ha riunito ieri dopo il tramonto. «Non estenderemo le operazioni militari», dice il portavoce delle forze amate Daniel Hagari.

Sabato è stata la prima volta in 33 anni che Israele ha subito un attacco diretto da un’altra nazione, anche se gli Scud lanciati dal dittatore iracheno Saddam Hussein hanno causato due morti e lo sciame di droni solo il ferimento di una ragazzina beduina, è il bombardamento ordinato da Ali Khamenei, la Guida Suprema, a cambiare tutto.

Promessa mantenuta

Che il fine settimana sarebbe stato diverso dai dieci giorni di attesa riempiti dalle minacce dei pasdaran per l’uccisione di un loro generale il primo aprile a Damasco, lo annuncia il ritorno alla Casa Bianca del presidente Joe Biden, che lascia in elicottero la casa di vacanze, dal sole sulla costa del Delaware alle luci della Situation Room con i suoi consiglieri. Perché gli americani sanno che l’attacco sta arrivando, da giorni ripetono che «è imminente e reale», il «non fatelo» lanciato come ultimo avvertimento da Biden non è bastato, le Guardie della Rivoluzione stanno armando i droni e i missili, stanno puntandoli verso Israele. La conferma passa dalla Turchia che fa da canale con gli Stati Uniti: gli ayatollah hanno deciso di attuare la vendetta proclamata — l’operazione viene chiamata «Promessa Mantenuta» — e allo stesso tempo evitare una risposta israeliana devastante. Così lasciano trapelare che gli obiettivi sarebbero solo militari.

Tre ondate

I droni vengono fatti decollare in tre ondate, in totale sono quasi 170, e impiegano nove ore ad arrivare nello spazio aereo israeliano: vengono intercettati tutti sui cieli dell’Iraq, della Giordania e della Siria. Come pure i missili Cruise (30 sparati, due ore all’impatto): vengono abbattuti prima di raggiungere Israele. Sono 10 missili balistici (su 120) a penetrare le difese — il volo dall’Iran dura 12 minuti — e sono loro a far suonare 698 sirene in tutto il Paese a costringere milioni di persone a correre nei rifugi. I bersagli sono le basi nel deserto del Negev — dove la bambina è stata ferita dalle schegge cadute sulla casa — e nel Golan, ma il passaggio dei tubi di metallo armati attiva gli allarmi, le scie e le esplosioni illuminano il cielo sopra Gerusalemme. Gli analisti dell’Institute for National Security Studies a Tel Aviv calcolano che l’Iran abbia bersagliato il Paese con 85 tonnellate di esplosivo, respingerle è costato 4,5 miliardi di shekel, oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro.

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La via diplomatica

La carcassa di un missile resta sospesa sulle acque dense e salate del Mar Morto, non galleggia e non va a fondo, come la tattica dell’ambiguità che il governo israeliano sembra adottare. A Joe Biden che invita Israele a considerare «una vittoria» l’attacco respinto — e a fermarsi — segue la via diplomatica indicata ministero degli Esteri che chiede nuove sanzioni contro gli iraniani: «Devono pagare per l’aggressione». Poi c’è la strada semi-diplomatica indicata da Yoav Gallant, il ministro della Difesa: «Abbiamo l’opportunità di formare una coalizione contro questa minaccia globale».

E da Benny Gantz, che ha lasciato l’opposizione per entrare nel consiglio di guerra ristretto: «Bisogna sfruttare le alleanze regionali, poi l’Iran pagherà il prezzo nei modi e nei tempi che ci sono più consoni». In questo modo i due ex generali rintuzzano le pressioni dell’estrema destra messianica al governo con Itamar Ben Gvir, ministro per la Sicurezza Nazionale, che incita Israele a «diventare una furia»: «Per mantenere la deterrenza in Medio Oriente devi far vedere di essere andato fuori di testa». Di certo — come fa notare Gantz — «questo evento non è finito».

Quando le sirene si sono zittite e l’ultimo missile è stato colpito, una fonte di alto livello, formula che di solito identifica il premier Netanyahu, ha invitato attraverso i telegiornali gli israeliani a non andare a dormire: un’allusione alla rappresaglia immediata contro Teheran. Le notti per restare alzati sembrano solo rinviate.


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14 aprile 2024 (modifica il 15 aprile 2024 | 09:39)