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Manager con stipendi record, lo stop di Astrazeneca all’aumento di 2 milioni: ecco i ceo che guadagnano di più

di Marco Sabella 
Manager con stipendi record

Da sinistra in alto: Pascal Soriot (Astrazeneca), Satya Nadella (Microsoft), Sundar Pichai (Alphabet), Tim Cook (Apple), Jensen Huang (Nvidia), Reed Hastings (Netflix)

Quasi due milioni di sterline in più all’anno (pari a 2,3 milioni di euro) sono sembrati davvero troppi. E così il ceo di uno dei principali gruppi farmaceutici europei, Pascal Soriot, alla guida della britannica Astrazeneca, rischia di vedere bocciata la sua richiesta di aumento dei compensi dall’assemblea degli azionisti che si terrà l’11 aprile prossimo, riporta il Financial Times. Glass Lewis e Iss — tra le principali società indipendenti di advisory agli azionisti — sono infatti arrivate alla conclusione che aumentare la retribuzione del manager dagli attuali 16,9 milioni di sterline fino a 18,7 milioni sarebbe una mossa «eccessiva», tanto più che il salario di Soriot «risulta già competitivo a paragone di quello dei ceo delle principali società europee del settore».
Il dibattito sui super-stipendi dei top manager dei colossi multinazionali è destinato a proseguire a lungo. 

Bocciato il super premio di Elon Musk

Al di là delle classifiche che vedono svettare i guadagni dei ceo che sono contemporaneamente azionisti (e/o fondatori) della società che guidano, c’è un tema di rispetto degli interessi degli altri soci legato al contenimento degli stipendi dei manager. Perfino Elon Musk, ceo e fondatore (tra l’altro) di Tesla, a fine gennaio di quest’anno si è visto bocciare da una corte del Deleware in seguito al ricorso di un gruppo di azionisti la mega-paga da 55 miliardi di dollari prevista da un pacchetto record varato dal board di Tesla nel 2018. Questa sentenza non impedisce al visionario imprenditore di svettare nella classifica dei manager-proprietari più pagati nel 2022 con un «reddito» personale di 23,5 miliardi di dollari.

Anche i banchieri non scherzano

Il caso dei manager proprietari o co-fondatori della società di cui sono al vertice non esaurisce il tema. Amministratori delegati e contemporaneamente azionisti, grazie a bonus milionari — ma non fondatori della società — sono manager come Tim Cook, la cui paga nel 2022 compresi i bonus ha raggiunto i 770 milioni di dollari. Sundar Pichai, alla guida di Alphabet, con i suoi 280 milioni tra stipendio base e premi di vario genere segue a qualche lunghezza. Battuto da Satya Nadella, ceo di Microsoft, i cui guadagni hanno toccato i 309 milioni di dollari l’anno.
A confronto con i superstipendi dei manager apicali dei giganti del settore hi tech gli stipendi dei banchieri impallidiscono. James Gorman, ceo di Morgan Stanley, si è «fermato» nel 2022 a un reddito di 39,3 milioni di dollari, pur con la consolazione di un incremento annuo di 4,4 milioni, il 13% in più rispetto al precedente. Jamie Dimon di JpMorgan ha raggiunto i 34,8 milioni e il ceo di Bank of America Brian Moynihan i 30,17 milioni di dollari.

In Italia ci pensa Andrea Orcel di Unicredit

A difendere i colori dell’Italia c’è il banchiere Andrea Orcel, ceo di Unicredit, che avendo centrato tutti gli obiettivi del piano industriale nel 2023 dovrebbe guadagnare quest’anno 9,75 milioni di euro. Ma le paghe in Europa, questo è noto, sono più basse che altrove. Lo stesso Pascal Seriot di Astrazeneca, nell’attesa delle decisioni dell’assemblea sul suo piano di remunerazione, potrà riflettere sul fatto che il ceo di Novo Nordisk, Lars Fruergaard Jørgensen — che ha portato l’azienda ad una capitalizzazione di Borsa di oltre 400 miliardi di euro, superiore al Pil della Danimarca in cui ha sede il gruppo farmaceutico — lo scorso anno non è andato al di là una retribuzione di 68 milioni di corone, circa 9 milioni di euro.
Pochi gli strumenti di controllo di fronte a certi eccessi. In Italia una legge voluta dal governo Renzi aveva limitato gli stipendi dei manager delle società pubbliche a un massimo retributivo di 240 mila euro l’anno. 

Chi può intervenire? I fondi

Ma le restrizioni di tipo regolamentare — ammesso che siano efficaci e non falsino il mercato dei talenti — sono di difficile applicazione nel settore privato. Le società di advisory al voto degli azionisti possono giocare, come nel caso di Astrazeneca, un ruolo decisivo. Una importante forma di monitoraggio e di intervento viene da operatori istituzionali come i fondi di investimento. Il gruppo francese Amundi o la tedesca Allianz GI, ai primissimi posti tra le società di gestione in Europa, hanno varato severe linee-guida in merito alle politiche di remunerazione decise dalle società in cui investono. Allianz GI ha espresso parere contrario alle delibere aziendali nel 70% dei casi negli Stati Uniti, nel 48% in Germania e nel 55% in Italia.

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2 aprile 2024 ( modifica il 2 aprile 2024 | 08:28)