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Papa Francesco: “C’è chi in Vaticano sperava che lasciassi dopo il ricovero. Non mi chiamerò mai Papa emerito”

Papa Francesco: “C’è chi in Vaticano sperava che lasciassi dopo il ricovero. Non mi chiamerò mai Papa emerito”
(ansa)

Esce libro-intervista nella quale Bergoglio ripercorre la sua vita e i grandi eventi storici, dall’emigrazione dei nonni dall’Italia al rapporto con Benedetto XVI. Le dimissioni? Un’ipotesi, ma lontana

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“Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare”. Così papa Francesco esclude prossime dimissioni, nel libro-intervista “Life. La mia storia nella Storia”, che esce il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, in America e in Europa con HarperCollins.

La storia e la Storia

Nel libro-intervista con il giornalista Fabio Marchese Ragona, anticipato oggi dal Corriere della Sera, nel giorno successivo all’11esimo anniversario del suo pontificato, il Papa ripercorre i passaggi salienti della sua vita sullo sfondo dei grandi eventi storici, dall’emigrazione dei nonni dall’Italia all’Argentina alla seconda guerra mondiale, dalla formazione, alla scelta di farsi prete, dalla bomba atomica su Nagasaki e Hiroshima alla dittatura argentina (“Mi presentarono il caso di un ragazzo che aveva necessità di fuggire dall’Argentina: notai che mi somigliava e così riuscii a farlo scappare vestito da prete e con la mia carta di identità”). Significativo il racconto del suo l’esilio a Cordoba – già sviscerato, in realtà, nel libro “Quel Bergoglio, questo Francesco” scritto da Javier Camara e Sebastian Pfaffen nel 2015 – quando alcuni gesuiti mormorano: “Bergoglio è pazzo”. In realtà, il futuro Papa, che spesso è ritornato a quegli anni, riflette sugli errori “commessi per via del mio atteggiamento autoritario, tanto da esser stato accusato di essere ultraconservatore. Fu un periodo di purificazione. Ero molto chiuso in me stesso, un po’ depresso”.

Le donne della sua vita

Il Papa torna a parlare di diverse donne della sua vita, delle quali ha più volte parlato nel corso del suo pontificato: la nonna Rosa, figura chiave della sua infanzia e della sua formazione cristiana, la signora comunista con cui lavorò da chimico, la psicoterapeuta ebrea a cui si rivolse ormai adulto, ma anche una fidanzata che ebbe prima di farsi prete e anche, nel primo anno di seminario, una “sbandata”, come il Papa ha già raccontato, per una giovane donna “bella e intelligente” conosciuta a un matrimonio.

“Benedetto XVI strumentalizzato contro di me”

Poi il ritorno a Buenos Aires come vescovo ausiliare, la consacrazione episcopale, e il Conclave del 2013. Il Papa rilegge anche diversi momenti del pontificato, come la pandemia, i viaggi, il buon rapporto con Benedetto XVI. “Mi ha invece addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che, non avendo accettato al sua rinuncia, ha pensato al proprio tornaconto e al proprio orticello da coltivare, sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa”

"L’ultima monarchia assoluta”

Jorge Mario Bergoglio fa poi il punto sulle riforme avviate nel corso del suo pontificato. “È vero che quella del Vaticano è l’ultima monarchia assoluta d’Europa, e che spesso qui dentro si fanno ragionamenti e manovre di corte, ma questi schemi vanno definitivamente abbandonati”, afferma Bergoglio. Nel conclave del 2013 “c’era una gran voglia di cambiare le cose, di abbandonare certi atteggiamenti che purtroppo ancora oggi fanno fatica a sparire. C’è sempre chi cerca di frenare la riforma, chi vorrebbe rimanere fermo ai tempi del Papa-re”.

Dimissioni? Ipotesi lontana

“Penso che il ministero petrino sia ad vitam e dunque non vedo condizioni per una rinuncia. Le cose cambierebbero se subentrasse un grave impedimento fisico, e in quel caso ho già firmato all’inizio del pontificato la lettera con la rinuncia che è depositata in Segreteria di Stato. Se questo dovesse succedere, non mi farei chiamare Papa emerito, ma semplicemente vescovo emerito di Roma, e mi trasferirei a Santa Maria Maggiore per tornare a fare il confessore e portare la comunione agli ammalati. Ma questa è un’ipotesi lontana, perché davvero non ho motivi talmente seri da farmi pensare a una rinuncia. Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c’è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare”.

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