Bill Ackman, il miliardario contro il politicamente corretto: dopo Harvard ora tocca al Mit

di Matteo Persivale

Il finanziere ha guidato la crociata per far cacciare la rettrice di Harvard Claudine Gay. Ora accusano sua moglie di avere a sua volta plagiato lavori accademici

Bill Ackman, il miliardario contro il politicamente corretto: dopo Harvard ora tocca al Mit

Tra le numerosissime classifiche annuali stilate dai media americani — i 100 più ricchi, i 100 più influenti, i 100 più belli — manca quella dei 100 uomini che sarebbe meglio non far arrabbiare. È probabile che in testa ci sarebbe Bill Ackman: 57 anni, fondatore e ceo di Pershing Square Capital Management, uno degli hedge fund più forti (festeggiò il primo decennio di attività, 2004-2014, consegnando ai suoi investitori un totale di 11,6 miliardi di dollari di profitti).

Il modus operandi di Ackman è estremamente aggressivo (fa da sempre scommesse azzardate: visti i primissimi segnali del Covid in Cina optò per una colossale vendita allo scoperto che alla fine gli rese miliardi) e la sua specialità è far saltare tramite spregiudicate campagne mediatiche i board delle aziende che ha preso di mira (spesso gli va bene, altre volte male come nel caso del suo famoso match di boxe verbale contro Herbalife).

Per questo quando Ackman — laureato a Harvard e generoso finanziatore dell’ateneo — cominciò ad attaccare via Twitter/X Claudine Gay, rettrice che durante un’apparizione davanti al parlamento a Washington aveva minimizzato e «contestualizzato» le minacce rivolte agli studenti di fede ebraica dopo il 7 ottobre, a molti sembrò un bruttissimo segno per la carriera della prima rettrice donna, e afroamericana, dell’università di Cambridge, Massachusetts.

Gay pareva salva, nonostante le critiche di Ackman e altri, spesso virulente. Quando però sono emerse le prove di una serie di plagi che attraversavano le sue pubblicazioni (pochine, peraltro: undici in tutto), Gay è stata costretta a dimettersi pochi giorni fa.

Ackman, twittatore vigorosissimo, stava ancora festeggiandone le dimissioni quando il sito Business Insider ha pubblicato un articolo che documentava la presenza di materiale plagiato (quattro paragrafi su 330 pagine) nella tesi di dottorato al Mit di sua moglie, Neri Oxman, israeliana, 47 anni, creatrice di una startup di «ecologia dei materiali» che esplora le possibilità della stampa 3D. Ackman non l’ha presa bene: serenamente sordo alle accuse di razzismo lanciate dai suoi detrattori «social» ha però in questo caso twittato cose del tipo «neanche la mafia se la prende con le famiglie dei nemici», invocando «le regole della strada» e promettendo di scatenare mille intelligenze artificiali per indagare sulle pubblicazioni di docenti e amministratori del Mit (l’ateneo è a due fermate di metrò da Harvard sulla cigolante Red Line bostoniana), garantendo tra l’altro che la «talpa» che avrebbe rivelato a Business Insider il plagio di Oxman verrà presto identificata.

Oltre all’attacco contro la moglie che adora, Ackman è furibondo (i suoi tweet diventano sempre più lunghi) perché BI avrebbe contattato il suo portavoce — pretendendo risposta immediata — soltanto dopo il tramonto di venerdì quando lui e la moglie, ebrei ortodossi, staccano gli apparecchi elettronici nel rispetto dello shabbat.

«Sì, vendetta, tremenda vendetta / di quest’anima è solo desio / di punirti già l’ora s’affretta / che fatale per te tuonerà»: Ackman è un bell’uomo brizzolato che non ha il physique du rôle di Rigoletto ma comunque vada a finire questa sua personale guerra bostoniana, la posta in palio è più alta. Nel mirino della destra Usa c’è la DEI, sigla di diversity, equity, and inclusion (diversità, equità e inclusione). Secondo i sostenitori punta alla tutela in aziende, università e nella pubblica amministrazione d’America di categorie storicamente discriminate e secondo i critici discrimina a loro volta, da decenni, bianchi, asiatici, ebrei. Ackman l’ha appena definita «antiamericana».


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7 gennaio 2024 (modifica il 8 gennaio 2024 | 10:57)