Gli Usa lanciano una coalizione di aerei e navi per fermare gli Houthi: c’è anche l’Italia (con una fregata)

di Guido Olimpio

Washington lavora a una coalizione internazionale contro il gruppo filo Teheran che con i suoi attacchi blocca una grossa fetta del commercio mondiale

Gli Usa lanciano una coalizione di aerei e navi per fermare gli Houthi: c’è anche l’Italia (con una fregata)

Bab el Mandeb, in arabo la porta delle lacrime o del lamento. Nome appropriato per il nuovo Grande Gioco dove tutti rischiano di perdere. Lo stretto domina l’ingresso meridionale del Mar Rosso ed usato dal movimento yemenita Houti per minacciare il traffico marittimo diretto in Israele o collegato allo Stato ebraico. Ma non solo quello. Un’azione aggressiva in appoggio alla causa palestinese: proseguiremo fintanto che Gerusalemme condurrà l’offensiva a Gaza, hanno ribadito lunedì i miliziani filoiraniani. E allo stesso tempo hanno colpito un paio di navi, compresa la petroliera norvegese, Swan Atlantic.

La strategia

La fazione è alleata di Teheran, si coordina con il protettore, però poi fa di testa sua. Ha la forza e la durezza per diventare l’Hezbollah del Sud, una componente politico-militare di cui tutti devono tenere conto. In particolare, i vicini, come Arabia ed Emirati, con cui è stata a lungo in guerra. Da potenza locale, complice la crisi nella Striscia, si è tramutata in entità regionale capace di condizionare il passaggio in una via d’acqua dove transita una buona fetta del commercio mondiale e dei carichi petroliferi. Infatti, i raid hanno indotto i giganti del trasporto marittimo a evitare questa rotta, ad aspettare o a circumnavigare l’Africa. Ovvero maggiori costi, tempi più lungi, assicurazioni rialzate, aumento del prezzo del greggio. Deriva che minaccia molti e spaventa l’Egitto: il Cairo incassa ogni anno 9.3 miliardi di dollari dal pedaggio attraverso il canale di Suez. Meno cargo, meno soldi in un paese disastrato economicamente.

Le tattiche

Ben armati, in grado di mobilitare oltre 100 mila uomini, i militanti hanno aperto le ostilità con obiettivi a lungo raggio, provando a con droni e cruise “spediti” verso Israele ma il piano è stato contenuto: navi Usa, francesi, britanniche e sistemi israeliani hanno intercettato la gran parte degli ordigni. Più efficace la seconda fase, ripetuta. La ricognizione Houti avvista il cargo, lo costringe a rallentare con droni o vedette, poi quando è fermo gli «artiglieri» lanciano missili balistici, non sempre precisi. Qualche settimana fa hanno dirottato una nave con una manovra elitrasportata, incursione seguita all’uso di droni kamikaze. Se vogliono possono utilizzare missili antinave più potenti (forniti dagli iraniani), mine, motoscafi dotati di razzi, barchini-esplosivi, colpi di mano di “pirati” assoldati per partecipare al blocco. Dispongono di numerose opzioni, che consentono iniziative calibrate. E intanto testano gli equipaggiamenti assistiti e osservati con interesse dagli ayatollah. Quello che avviene in Mar Rosso può essere riprodotto in altri luoghi, con risultati.

La coalizione

Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin è arrivato nella regione per annunciare la nascita di una task force multinazionale che dovrà garantire la sicurezza. Si chiamerà Operazione Prosperity Guardian con comando nel Bahrein. Oltre al piccolo Stato – avversario degli iraniani - hanno già aderito Gran Bretagna, Francia, Olanda, Spagna, Norvegia, Italia (con una fregata), Seychelles. Ne fanno parte altri paesi che hanno preferito non rivelare la loro partecipazione per ragioni diplomatiche o di opportunità. Non è chiara, ad esempio, la scelta di sauditi ed emiratini. Sono allarmati da quanto avviene, però vogliono evitare di riaprire il conflitto con gli Houti: ne temono le rappresaglie. Gli egiziani hanno intercettato un ordigno ma hanno riserve nell’apparire al fianco di Stati Uniti e Israele mentre si consuma la tragedia umanitaria a Gaza. Tuttavia, il generale al Sisi, fresco di conferma al vertice (voto scontato), non può permettersi riduzioni nel lungo termine dei movimenti nel Canale, voce importante di un budget nazionale in sofferenza. In zona ci sono tre unità cinesi, con appoggio a Gibuti, piccolo stato che ospita numerose basi internazionali, inclusa una italiana. Pechino, però, non ha mosso un dito quando ci sono state richieste d’aiuto da parte di capitani finiti nel mirino.

Le opzioni

Neppure Washington desidera aprire un nuovo fronte bellico. Solo che la minaccia yemenita è troppo seria, ha un’incidenza globale dimostra anche la fragilità degli «snodi» come Bab el Mandeb oppure Hormuz, nel Golfo Persico. Così ha spostato verso la «porta delle lacrime» la portaerei Eisenhower, diverse navi lanciamissili e l’unità d’assalto anfibio Bataan. Quali potrebbero essere le risposte? Strike sul porto di Hodeida, risorsa cruciale per gli Houti. Oppure sui siti impiegati dagli sciiti come piattaforme d’attacco in direzione dell’arteria marittima o ancora su depositi militari.


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18 dicembre 2023 (modifica il 19 dicembre 2023 | 12:07)