Il ministro degli Esteri indiano: «Tanti Paesi non vogliono sanzioni, Russia e Ucraina devono parlarsi»

di Federico Fubini

Subrahmanyam Jaishankar in visita a Roma: «Tanti Paesi non vogliono sanzioni». «Tra Modi e Meloni c’è una nuova energia». La via del Cotone? «Con il conflitto in Medio Oriente è più difficile»

Il ministro degli Esteri indiano: «Tanti Paesi non vogliono sanzioni, Russia e Ucraina devono parlarsi»

S ubrahmanyam Jaishankar, ministro degli Esteri indiano, ha scelto di venire a Roma anche se la guerra in Medio Oriente ha bloccato i Med Dialogues previsti nei giorni scorsi. È lui stesso a dire che «sì, certo» si è formata un’intesa fra i due premier Narendra Modi e Giorgia Meloni: «C’è un nuovo quadro, decisamente c’è nuova energia» nei rapporti. Ma non tutto va per il meglio: il conflitto fra Israele e Hamas ostacola il piano dell’India-Middle East-Europe Economic Corridor (Imeec), la «Via del Cotone».

Questa resta una priorità per voi, malgrado la guerra?
«Quando ci sono grandi idee, ci sono anche sfide — risponde Jaishankar —. Gli ultimi sviluppi rendono la realizzazione di Imeec apparentemente difficile. Ma per quanto il quadro sia complicato, e ora lo è, Imeec ha comunque la sua solida logica. Tutto ciò che ci eravamo detti prima del 7 ottobre resta rilevante».

Che impressione ha della guerra: rende una soluzione basata su due Stati più o meno probabile?
«Non credo si possa esprimere un giudizio certo. Sappiamo però che l’unica soluzione realistica per i problemi antichi di quella regione è avere i due Stati. E a una soluzione del genere si può arrivare meglio con negoziati fra le parti coinvolte. Non credo che ci sia oggi una soluzione migliore o più probabile».

Nei Paesi emergenti si lamenta che l’Occidente, con la guerra in Ucraina e fra Israele e Hamas, applica due pesi e due misure. Che significa?
«Credo che questo argomento si concentri molto sull’atteggiamento dell’Europa. Molto viene dal fatto che in passato, quando c’erano problemi in altre parti del mondo, i Paesi europei in sostanza pensavano che non toccasse a loro preoccuparsene. Finché l’Europa era al sicuro e nulla minacciava lo stile di vita europeo, potevano occuparsene altri. Poi quando succede qualcosa in Europa, i Paesi europei vogliono espressioni internazionali di solidarietà. Ma molti nel mondo hanno pensato che si doveva tenere conto anche dei loro interessi. Detto questo, mi pare che abbiamo superato questa fase».

Ma tutte le democrazie avanzate (meno Israele) applicano sanzioni alla Russia. Invece nessun Paese emergente, India inclusa, lo fa. Come lo spiega?
«Queste sanzioni in sostanza sono leve di cui le economie avanzate dispongono sulla base di meccanismi, poteri e strumenti costruiti nel corso di molti anni. Usano queste leve quando a loro conviene. E non è che vadano alle Nazioni Unite a cercarne la legittimità: lo fanno quando pensano che i loro interessi sono in gioco. A dire il vero molte parti del mondo non accettano il concetto delle sanzioni nello stesso modo. Si fa come se il mondo intero fosse d’accordo sulle sanzioni. Non è proprio così».

Giorgia Meloni nella chiamata orchestrata da due russi ha detto che c’è «stanchezza» sull’Ucraina e che serve un’uscita che vada bene a entrambe le parti, «senza distruggere il diritto internazionale». Concorda?
«Non so bene cosa consiglierei. Il mio primo ministro a un incontro a Samarcanda con Vladimir Putin ha detto che, nel mondo di oggi, noi non pensiamo che la guerra sia una soluzione. Una persona comune direbbe che a un certo punto la gente si deve sedere a un tavolo e parlare. L’India è sempre pronta a dare una mano».

L’India è protagonista dei Brics, il club dei Paesi emergenti fondato con Cina, Russia, Brasile e Sudafrica. È un contrappeso al G7?
«Quando il gruppo si è formato, una ventina di anni fa, c’erano potenze importanti le quali pensavano di non ricevere la giusta voce in capitolo nel sistema internazionale. L’impressione era che i Paesi occidentali dominassero e non permettessero agli altri di esercitare la loro influenza e i loro diritti. Quest’anno all’ultimo vertice, a Johannesburg, c’erano 29 Paesi che volevano unirsi ai Brics. Chiaramente ci vedono del valore».

5 novembre 2023 (modifica il 6 novembre 2023 | 09:29)