MILANO — La Bce fa un altro passo verso l’euro digitale, la valuta unica smaterializzata che ieri, dopo un biennio di studio, è entrata nella «fase di preparazione», di altri due anni. A quel punto, ottobre 2025, il consiglio direttivo dell’Eurotower valuterà il quadro normativo - a giugno dalla Commissione europea ha varato una proposta di legge ad hoc - e deciderà come e quando emettere. Non è una creazione di nuova moneta, ma un complemento al contante per «preparare la nostra moneta al futuro - come ha detto Christine Lagarde, presidente della Bce -. Concepiamo l’euro digitale come una forma digitale di contante da usare gratuitamente per qualsiasi pagamento digitale e che risponda agli standard più elevati di riservatezza per affiancare il contante, che sarà sempre disponibile, in modo che nessuno rimanga indietro». Ne ha parlato anche Fabio Panetta, che dal 1° novembre sarà governatore di Banca d’Italia e da membro dell’esecutivo Bce ha presieduto la task force sul progetto: «Alla luce della crescente preferenza dei cittadini per i pagamenti digitali dovremmo tenerci pronti a emettere un euro digitale insieme al contante. Accrescerebbe l’efficienza dei pagamenti europei e contribuirebbe all’autonomia strategica dell’Europa».
Oltre al fatto di tenere la moneta al passo coi tempi, mette argini al potere degli intermediari privati nei pagamenti digitali pare l’obiettivo primario dell’iniziativa. La Bce, infatti, stampa la moneta unica e ne controlla la circolazione (muovendo i tassi d’interesse). Ma più l’uso del contante si riduce più questa funzione può indebolirsi: e nella presentazione alla stampa ieri è emerso chiaro l’interesse di rafforzare gli intermediari europei contro lo strapotere di quelli internazionali (a volte nemmeno bancari, vedi i Big tech).
Nelle sperimentazioni svolte finora la Bce ritiene di avere in gestazione un progetto di valuta facilmente accessibile a cittadini e imprese, che potrà essere distribuita da intermediari vigilati come le banche (ma non solo) ovvero spesa direttamente dai portatori tramite una app, come fosse contante. «Un euro sarà sempre un euro», è uno dei motti. L’Eurotower ha indicato un tetto provvisorio a 3 mila euro digitali, che ogni utente dovrà segregare da conti correnti, carte o altre forme di deposito, per poi utilizzare per scambi da persona a persona, pagamenti nei negozi (offline), nel commercio elettronico (online) e nelle transazioni amministrative dell’area dell’euro. Tutto con massima privacy, anche perché la banca centrale ha chiarito ieri che non vedrà i dati degli utenti (mentre continueranno a vederli i loro intermediari). «Nessuno strumento di pagamento digitale offre tutte queste funzionalità. L’euro digitale colmerebbe una lacuna», si legge in una nota Bce.
Il progetto va però condotto in porto con attenzione, per i risvolti sociali e politici che potrebbero indurre i cittadini a snobbarlo (si pensi al ruolo del contante in Paesi ad alta economia sommersa o criminale, come l’Italia). C’è poi il ruolo delle banche europee: Andrea Filtri, di Mediobanca Securities, ha stimato che potrebbero perdere tra il 5 e il 20% dei loro circa 110 miliardi di profitti tra minori interessi per i depositi “digitalizzati”, meno commissioni su pagamenti e maggiori costi. «L’asteroide dell’euro digitale si sta avvicinando, e scommettere sul suo fallimento è miope e rischioso - vi si legge -. Le istituzioni europee sono molto motivate». Non resta, per gli istituti, che collaborare con la vigilanza, analizzare le ricadute e prepararsi ad adeguare i modelli di business.