Perché Israele non ha ancora avviato l’offensiva di terra a Gaza?

di Lorenzo Cremonesi

I dubbi dei comandi israeliani sull’opportunità di un’offensiva di terra. Anche Biden ha invitato Netanyahu e il suo governo all’autocontrollo

Perché Israele non ha ancora avviato l’offensiva di terra a Gaza?

DAL NOSTRO INVIATO
ASHKELON
- E adesso che fare: lanciare l’invasione di terra, oppure continuare coi bombardamenti, limitandosi a piccoli blitz delle truppe speciali per cercare di liberare gli ostaggi?

Da almeno due giorni i comandi israeliani lasciano trapelare dubbi e incertezze per quella che appena dopo il massacro del 7 ottobre sembrava dover essere a breve la guerra di tutte le guerre per eliminare una volta per tutte gli apparati militari e politici di Hamas a Gaza. Già da qualche giorno dagli ambienti dell’intelligence americana erano stati avanzati cauti dubbi, nonostante le altisonanti dichiarazioni bellicose di tutti i leader israeliani da Netanyahu in giù. E la visita nel Paese di Biden ieri ha confermato la scelta della Casa Bianca di invitare il premier israeliano e il suo gabinetto all’autocontrollo, certo non uno sprone all’attacco. Ormai sono gli stessi portavoce militari a Tel Aviv a ripetere che «restano diverse opzioni sul tavolo».

«Ci stiamo preparando alle prossime fasi della guerra. Non abbiamo detto quali saranno. Tutti parlano dell’offensiva di terra. Potrebbe essere qualche cosa di diverso», aveva dichiarato martedì ai giornalisti uno di loro, Richard Hecht. Ieri negli ambienti del ministero del Difesa e del governo si ripeteva ai portavoce che per il momento doveva regnare il silenzio. «Se i giornalisti chiedono dell’offensiva di terra, rispondete no comment», era l’indicazione.

Recandoci nelle zone a ridosso della Striscia di Gaza per visitare uno dei luoghi dove sono posizionate le batterie del celebre Iron Dome, il sistema antimissilistico israeliano, abbiamo parlato con il tenente colonnello Peter Lerner responsabile del servizio informazioni, che ha ribadito la «non inevitabilità» dell’occupazione di terra. «Sono stati i media e i commentatori a enfatizzare che saremmo entrati a Gaza. Noi dell’esercito non lo abbiamo mai specificato ufficialmente. Ma la situazione resta estremamente dinamica, occorre tempo per valutarla e agire di conseguenza», ha detto. Non è escluso che adesso si voglia lasciare nell’incertezza Hamas.

Almeno due paiono però gli elementi che condizionano la determinazione israeliana a mettere «boots on the ground». Il primo è la sorte dei 200 ostaggi in mano ai militanti di Hamas e della Jihad islamica. Una questione che per il governo si sta ingigantendo col passare delle ore e con le famiglie degli ostaggi che chiedono l’avvio di negoziati con quelle stesse organizzazioni che tutt’ora Israele dichiara di volere annientare. Un secondo fattore è la questione dei circa 360.000 riservisti richiamati. Come tutti gli altri conflitti del passato, si presenta adesso lo spettro della crisi economica. Per quanto tempo Israele potrà permettersi di paralizzare larga parte della sua forza lavoro? Il governo deve decidere in fretta se usare i riservisti per l’attacco o rimandarli a casa.

19 ottobre 2023 (modifica il 19 ottobre 2023 | 08:47)