Kiev e Mosca, accuse incrociate sulla centrale di Zaporizhzhia. E l’Aiea chiede più tempo per i controlli

di Lorenzo Cremonesi

Kiev e Mosca si accusano a vicenda di un possibile attacco ai reattori. Disposti i piani d’evacuazione

Kiev e Mosca, accuse incrociate sulla centrale di Zaporizhzhia. E l’Aiea chiede più tempo per i controlli

Il muro di un edificio della centrale di Zaporizhzhia crivellato di proiettili (Epa)

DAL NOSTRO INVIATO
ZAPORIZHZHIA — Torna l’allarme per un possibile incidente con radiazioni nella più grande centrale nucleare europea investita dalla guerra. Non è la prima volta, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina oltre 16 mesi fa — e certamente non sarà l’ultima —, che Kiev e Mosca si accusano a vicenda di pianificare un attacco all’impianto di Zaporizhzhia .

Ne parlò subito lo stesso presidente Zelensky, quando nei primi giorni di marzo 2022 le truppe russe non esitarono a sparare nell’area dei sei reattori per costringere quelle ucraine a ritirarsi più a nord. Più tardi i portavoce del Cremlino replicarono che erano invece i nemici a prendere deliberatamente di mira i soldati russi attestati attorno alla centrale. Un v alzer di accuse, sospetti e controaccuse per un argomento tanto pericoloso per l’intero continente che lo scorso autunno l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) ha deliberato di tenervi un piccolo presidio di propri commissari.

E sono proprio loro che negli ultimi giorni sostengono di non avere rilevato nulla di anomalo, sebbene dalla scorsa settimana ancora Zelensky insista nel ribadire di avere ricevuto informazioni dalla propria intelligence per cui i russi avrebbero posto oggetti che «sembrano cariche esplosive» nelle sezioni superiori di almeno due dei sei reattori. «Come ben sapete la zona è adesso soggetta a intensi combattimenti. Il nostro lavoro di monitoraggio risulta complicato e pericoloso, necessitiamo di più tempo per le verifiche», osserva il direttore generale della Aiea, Rafael Grossi.

Da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha replicato ieri che alla centrale «la situazione è molto tesa e le azioni di sabotaggio ucraine potrebbero avere conseguenze catastrofiche». Ad aggravare le tensioni è questa fase incerta dei combattimenti, che vedono la controffensiva militare ucraina rallentata dalle nuove strategie russe concentrate non più sullo slancio mirato a conquistare nuovi territori, bensì determinate a restare ben trincerate in difesa di quelli occupati nel sud-est del Paese con bunker e campi minati.

Ma è proprio questa scelta strategica russa della difesa a qualsiasi prezzo che preoccupa gli ucraini. A detta di Zelensky e dei suoi collaboratori più vicini, se Putin non ha esitato a provocare la tragedia umanitaria e ambientale con la distruzione della diga di Nova Kachovka sul fiume Dnipro all’alba del 6 giugno, ci sono fondati motivi per ritenere che sarà disposto a causare un incidente nucleare pur di bloccare o comunque ritardare l’avanzata ucraina. Quattro giorni fa a Kherson il colonnello 46enne delle truppe speciali ucraine «Sturm» che si fa chiamare Anatoly «Beret» (il suo nome di battaglia) ci confermava che alcune loro unità operano da tempo sulla sponda orientale del Dnipro, ma che ovunque i russi stanno allargando i campi minati. «Putin è disposto a qualsiasi mossa, anche la più disperata, pur di impedire che le truppe ucraine raggiungano gli accessi per la Crimea», raccontava.

«Occorre tenere a mente che i sei reattori sono stati spenti da tempo. Gli esperti ci dicono che in queste circostanze un incidente nucleare maggiore è meno probabile. Però i russi potrebbero fare saltare le grandi vasche che contengono le scorie nucleari e allora ci sarebbero problemi enormi. Noi amministratori da parecchi mesi ormai stiamo preparando i piani d’emergenza», ci racconta Olena Zhuk, la 38enne presidente del Consiglio regionale di Zaporizhzhia. «Non crediamo potrà avvenire come a Chernobyl o Fukushima, comunque abbiamo predisposto l’evacuazione di circa 138.000 persone che sappiamo vivono nella regione di nostra competenza in un raggio di 50 chilometri dalla centrale. Se dovesse scattare l’allarme, la prima valutazione sarà capire dove soffia il vento», aggiunge. «Mosca rischia addirittura che le sue truppe vengano investite dalle radiazioni o la stessa Russia ne sia affetta».

5 luglio 2023 (modifica il 5 luglio 2023 | 23:42)