I progetti

La strana insistenza dei burocrati di Bruxelles sugli studentati (che blocca i fondi del Pnrr)

di Federico Fubini

La strana insistenza dei burocrati di Bruxelles sugli studentati (che blocca i fondi del Pnrr) Il ministro Raffaele Fitto, responsabile per la gestione del Pnrr

È finita che a un certo punto un funzionario italiano, nell’ennesima riunione con le controparti di Bruxelles sul Piano nazionale di ripresa, ha avanzato una proposta. «Tutti stiamo imparando, noi a spendere e voi a controllare la nostra spesa — avrebbe detto ai colleghi europei —. Ma almeno cercate di farci sapere il prima possibile quali informazioni vi servono per fare le vostre verifiche».

Perché uno dei problemi, quasi sei mesi dopo la richiesta di versamento della terza rata del Pnrr da 19 miliardi di euro, è che l’obiettivo continua a spostarsi in avanti. Non solo i versamenti: anche l’accumularsi di sempre nuove e a volte curiose richieste di dettagli da parte dei funzionari della direzione generale Recover della Commissione europea.

In particolare, sul dossier relativamente limitato per il quale l’intera rata da 19 miliardi resta bloccata: i 7.500 posti letto per studenti, 300 milioni di euro. Quello che era partito come un progetto con denaro europeo per dare a più giovani la possibilità di studiare fuori sede sembra, a momenti, trasformarsi in un labirinto di condizioni burocratiche sempre nuove da soddisfare.

In questa vicenda il governo italiano è certo scivolato su una serie di sottovalutazioni. A Roma non si è compreso per tempo che annunciare per mesi una riscrittura del Pnrr, senza fornire alcun dettaglio, avrebbe disorientato e irritato le controparti di Bruxelles. A volte si sono confusi gli scambi a livello politico con il lavoro puntuale e di dettaglio, il solo che interessa agli interlocutori tecnici. Né aiuta il fatto che troppi interlocutori italiani non accettino di confrontarsi in inglese: nessuna di queste scivolate contribuisce a mettere il confronto su binari scorrevoli.

Ma di recente la serie di richieste sempre nuove da Bruxelles sugli studentati, in particolare, inizia a disorientare anche i negoziatori di Roma. Dapprima i controlli a campione sull’assegnazione dei 7.500 posti letto avevano fatto emergere imprecisioni minime, ma capaci di bloccare tutto: numeri di matricola sbagliati degli studenti beneficiari, numeri civici sbagliati in qualche indirizzo delle residenze.

Sciolti questi nodi minuti, i tecnici di Bruxelles hanno avanzato altri dubbi. Volevano essere certi che i proprietari privati delle residenze universitarie fossero sottoposti a cambi vincolanti di destinazione d’uso dei loro immobili, per esempio da hotel a studentati. E anche a questo dilemma il ministero dell’Università ha risposto mostrando i contratti. Infine, due settimane dopo la loro ultima visita a Roma, i funzionari europei hanno presentato a sorpresa un’ulteriore domanda: come si verifica che i posti creati dai privati, che per questo ricevono i fondi del Pnrr, poi vengono davvero assegnati agli studenti e non affittati ad altri?

Il ministero ha reagito inviando le graduatorie dei beneficiari; Bruxelles ha risposto che non basta; il governo ha ribattuto chiedendo invece cos’è che basta.

L’epistolario Roma-Bruxelles è ormai un po’ kafkiano, ma il governo non accetta di ricevere il pagamento della rata senza i 300 milioni degli studentati perché ritiene su di essi di essere in regola. Di certo, in attesa di avere la rata, e senza troppa liquidità nelle casse del Tesoro, a sua volta non sta pagando gli anticipi previsti sui lavori del Pnrr a attuatori dei progetti come i comuni o le aziende della banda larga. Dunque, anche i cantieri rallentano.

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