Economia

Nucleare, la staffetta tra Stati e privati per i nuovi reattori

Credit: ZUMA Press, Inc. / Alamy Stock Photo
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Negli Stati Uniti e in Europa fioriscono gli investimenti per progettare e costruire le centrali del futuro, con numerose startup finanziate da aziende e imprenditori
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Il 2022 è stato l’anno dello shock, della scoperta che tutti onestamente conoscevamo già ma puntualmente ignoravamo, della nuova necessità di non dipendere dal gas russo. Ma il 2023 è ancora più interessante: l’anno in corso è quello dell’accelerazione per la nuova industria del nucleare. La successione di annunci, voti dei decisori, conversazioni riservate e aperte e, soprattutto, la mobilitazione di fondi pubblici e privati evoca una frenesia d’altri tempi. Gli investimenti nel settore stanno accelerando in modo deciso: l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) stima che si passerà dai 30 miliardi di dollari l’anno investiti negli anni Dieci a 60-80 miliardi entro il 2030. Una delle novità meno prevedibili riguarda però il ruolo dei privati: fino a qualche tempo fa l’energia nucleare era un’arena considerata come quella della difesa, inaccessibile ai fondi privati. Ma questo sta cambiando, di corsa. Un’analisi di McKinsey sugli investimenti privati nella fusione nucleare dimostra un’impennata ancora più significativa: se fino al 2020 gli investimenti privati ammontavano a 1,5 miliardi di dollari, in un solo anno sono triplicati, balzando a 4,44 miliardi.

Il nucleare come punto di svolta sostenibile

La tendenza è dunque avviata. Sembra improvvisamente lontano il 2012, un anno dopo Fukushima, quando l’Economist titolò una copertina: “Energia nucleare. Il sogno che è fallito”. Dieci anni fanno la differenza. La guerra in Ucraina ha avuto un ruolo nel confermare una convinzione in verità piuttosto consolidata: l’energia nucleare può rappresentare un fattore fondamentale nel bilancio energetico del futuro, e può essere decisiva per raggiungere una vera sostenibilità. In questa rincorsa ci sono elementi di grande interesse. Il nucleare è stato di fatto accantonato per anni ma la ricerca non si è fermata del tutto. Da un lato i passi avanti nella scienza hanno convinto che la fusione nucleare non sia impossibile. L’annuncio degli Stati Uniti del dicembre 2022 rappresenta un punto di svolta. Ma accanto al sogno della fusione, che genera ancora più energia e non produrrebbe scorie, passi avanti sono stati fatti sulla fissione, la tecnologia che fa funzionare gli attuali reattori. Gli impianti attivi nel mondo sono oltre 400 e la sola Cina ne ha 24 in via di costruzione. Le centrali di vecchio stampo sono però grandi, costosissime, complicate e spaventano, nonostante anche nell’Unione europea ci siano reattori in funzione in 13 dei 27 stati membri e circa un quarto dell’energia che manda avanti l’Ue sia nucleare.

La speranza delle mini centrali

Una concreta speranza dell’industry sono i piccoli reattori modulari: centrali decisamente più piccole, che possono stare dentro una collina, e decisamente più sicure perché utilizzano metodi nuovi. Il principe di questa rincorsa è nato tra Torino e Londra, si chiama Newcleo, ed è guidato da Stefano Buono. Partito proprio nel 2021, ha raccolto prima 100 milioni di euro, poi altri 300 milioni, e oggi sta lavorando a un aumento di capitale da un miliardo, che, secondo quanto risulta a Repubblica, è a buon punto. Non è un caso che sia la prima startup per crescita nell’elenco stilato dal data provider Dealroom. Ma la fucina di startup nucleari sta crescendo. Negli Stati Uniti oltre ai grandi come TerraPower (sostenuta da Bill Gates) e Tae (finanziata da Chevron e Google) il Dipartimento per l’Energia ha finanziato otto startup. Pubblico e privato si intrecciano, per forza. Nel caso di Newcleo la rete iniziale di investitori ha creduto nel track record di Buono. Subito si sono mosse holding globali come Exor e operatori importanti della finanza italiana da Blu Acquario Prima (veicolo personale di Marco Drago) a Hofima (famiglia Malacalza).

Ma la promessa di crescita ha presto attratto l’interesse della mano pubblica, in primis con gli stati che sul nucleare scommettono senza riserve, come la Francia, e poi con le partecipate, come Enel, che con Newcleo ha firmato un accordo di collaborazione e un’opzione di investimento. A inizio giugno la Francia ha mandato a Torino, casa madre di Newcleo, un documento più ambito persino del denaro: l’ammissione al processo di licensing, il primo passo della procedura per poter aprire una centrale nucleare oltralpe.

La famiglia Malacalza dal 2001 

Tra chi crede nella promessa ci sono holding familiari e fondi. «Abbiamo investito in Newcleo – dice Maria Cristina Odasso, Head of Business Analysis di Liftt, il venture capital della Compagnia di San Paolo – in quanto rappresenta un ambizioso progetto industriale che sta valorizzando un patrimonio tecnologico originato dal know how di primari fisici nucleari italiani in decenni di esperienza progettuale internazionale». Interessante il caso della famiglia Malacalza, che con Hofima e Luleo ha puntato sul nucleare sin dal 2001, rilevando la divisione magneti da Ansaldo, un hardware fondamentale per il nucleare. Negli ultimi anni sono arrivati gli investimenti su Newcleo e Gauss, altra startup europea che crede nella fusione. Così i Malacalza rappresentano un esempio prezioso del mercato, che diversifica tra fissione e fusione. Tra i sostenitori della fissione – ma con i piccoli reattori – oltre alla Francia c’è anche il Regno Unito, che ha lanciato negli scorsi mesi una competizione per il miglior progetto in questo ambito. Newcleo, che ha ricevuto un endorsement anche via tweet da Emmanuel Macron, lavorerà anche con Londra, e per farlo sta aggiungendo uno alla volta i pezzi del puzzle. A inizio mese ha acquisito le italiane Srs-Fucina, leader mondiali nel piombo liquido. Nello stabilimento di Piombino (Livorno) c’è lo spazio per costruire i contenitori dei futuri reattori, perché Newcleo scommette sull’end-to-end, vuole controllare software e hardware: come Apple fa con l’iPhone, gestirà i reattori.

E le regole? L’inserimento del nucleare tra i metodi per affrontare la crisi climatica da parte dell’Unione europea è un primo passo, fortemente spinto dalla Francia. Questo è un mercato singolare: tutti sanno che il peso della regolazione è totale, eppure la scommessa è troppo allettante per non investire. In Italia, dove di fatto Newcleo (e Enel) lavorano, il nucleare non si usa, ma un numero crescente di interlocutori ritiene possibile una svolta, pur senza strappi immediati. In Parlamento la scorsa settimana è nato un intergruppo tra deputati e senatori proprio sul nucleare: il quadro è in movimento.

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