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La Fed decide uno stop sui tassi. «L’inflazione rallenta ma non abbastanza»

di Giuliana Ferraino

La Fed decide uno stop sui tassi. «L'inflazione rallenta ma non abbastanza» Jerome Powell

Per la prima volta in 15 mesi, la Federal Reserve lascia invariati i tassi di interesse americani, saliti da zero a oltre il 5%, con dieci rialzi consecutivi avviati nel marzo 2022. La pausa, decisa ieri all’unanimità, permette alla banca centrale di misurare l’impatto della stretta fin qui effettuata prima di nuovi interventi. «Mantenere il tasso fermo in questa riunione consente al Comitato di valutare ulteriori informazioni e le loro implicazioni per la politica monetaria», ha spiegato il presidente della Fed, Jerome Powell. Ma ha aggiunto che «quasi tutti i partecipanti al Comitato prevedono che sarà opportuno aumentare ulteriormente i tassi di interesse entro la fine dell’anno», segnalando la probabilità di altri due rialzi.

La notizia ha subito spinto al ribasso Wall Street (il Dow Jones ha chiuso in calo dello 0,68%, mentre il Nasdaq è salito dello 0,39%) e ha fatto salire il rendimento dei titoli del Tesoro con scadenza biennale, i più sensibili ad anticipare le azioni della Fed, dal 4,62% al 4,77%.

Quanto saliranno ancora i tassi americani? Le nuove previsioni Fed indicano che il costo del denaro aumenterà al 5,6% circa alla fine di quest’anno, anticipa Powell, «mezzo punto percentuale in più rispetto alle stime di marzo». Mentre a fine 2024 la Fed prevede che i tassi scenderanno al 4,5% e poi al 3,4% nel 2025.

Le nuove stime indicano un’economia americana più resiliente delle attese: crescerà dell’1% quest’anno, rispetto al misero 0,4% previsto a marzo, e dell’1,1% nel 2024. Anche il mercato del lavoro rimane «molto rigido e la partecipazione è aumentata», dice Powell. Corretto anche il dato sulla disoccupazione dal 4,5 al 4,1% a fine anno.

Il problema è che l’inflazione rimane ancora troppo alta, ben lontana dal target del 2% nel lungo periodo: a maggio è scesa al 4% dal 4,9% di aprile, al livello più basso da oltre 2 anni, dopo il picco del 9,1% toccato lo scorso giugno. Un segnale che l’aggressiva stretta monetaria, comincia a funzionare, sebbene più lentamente delle attese. «L’inflazione si è moderata, ma abbiamo ancora molta strada da fare», ha riconosciuto l’avvocato—banchiere. Le nuove proiezioni indicano che l’indice dei prezzi al consumo scenderà al 3,2% a fine anno, al 2,5% nel 2024 e al 2,1% solo nel 2025. Ma l’inflazione «core», che esclude i prezzi volatili di alimentari ed energia, continua a salire: a maggio è aumentata del 5,3% rispetto a un anno fa. «Non vediamo molti progressi», ammette Powell.

La Fed «farà tutto il possibile per riportare l’inflazione al 2%», ha ripetuto più volte Powell perché il rialzo dei prezzi colpisce il potere di acquisto di tutte le famiglie, ma penalizza soprattutto i più fragili, perché devono far fronte ai rincari di bisogni primari come cibo, casa e trasporti. «I rischi di fare troppo si stanno bilanciando con quelli di fare troppo poco, ma i rischi dell’inflazione sono ancora al rialzo», precisa Powell. E ci tiene a chiarire che la questione della velocità dei rialzi è diversa dal tema del livello dei tassi: «L’anno scorso era importante la velocità; man mano che ci avviciniamo alla meta, è appropriato moderare il ritmo».

Che cosa succederà alla prossima riunione del Comitato di politica monetaria di luglio? «Le decisioni saranno guidate dai dati», insiste Powell. Per orientare le sue scelte, la Fed terrà conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui essa influisce sull’attività economica e sull’inflazione e degli sviluppi economici e finanziari, spiega Powell. «Guarderemo all’evoluzione della mappa del rischio, al settore finanziario, al mercato del lavoro e all’inflazione». Le variabili sono tante. L’impatto della crisi bancaria di marzo, con il fallimento di tre banche in una settimana, non è ancora del tutto noto. «Lo stiamo osservando e ne terremo conto nelle nostre decisioni di politica monetaria», sostiene Powell. «Stiamo cercando di fare le cose per bene», ripete per ben due volte il presidente della banca centrale. Consapevole che il rialzo dei tassi sta mettendo a rischio anche le banche coinvolte nel credito relativo agli immobili commerciali. «Lo stiamo monitorando attentamente», dice.

Allo stesso tempo, la banca centrale continuerà a ridimensionare il suo bilancio appesantito, ingigantito dai titoli del Tesoro e dai bond garantiti da ipoteca acquistati per sostenere l’economia.

Oggi tocca alla Bce.

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