Kiev alza il ritmo dell’offensiva. Colpi russi su Kherson allagata

di Francesco Battistini

Attacchi ucraini più intensi, Zelensky visita le zone alluvionate. Allarme per la centrale nucleare

Kiev alza il ritmo dell’offensiva. Colpi russi su Kherson allagata

DAL NOSTRO INVIATO - C’è troppa acqua, per metterci anche le lacrime. E troppa morte, per levare le tende. E troppa rabbia, per temere altra guerra. «Noi siamo rimasti qui un anno fa, quando i nostri vicini di casa scappavano da Putin. E c’eravamo a novembre, quando l’esercito ucraino ci ha liberati. E non ci siamo mossi in dicembre, quando i russi hanno ricominciato a bombardarci dall’altra riva del Dnipro. E restiamo qui adesso, in mezzo all’acqua. Non c’è tempo per piangere. Non serve a nulla. Bisogna reagire». Intervistata dalle tv ucraine, rilanciata dai blog governativi e complimentata dal presidente Volodymyr Zelensky in persona, sceso in visita fra gli alluvionati della diga sul Dnipro: Galyna Kopaeva stende al sole gli stracci inondati, sale sul tetto a sventolarli, diventa l’ultima bandiera della resistenza e promette che lei, suo marito e sua figlia Angelina non lasceranno Kherson proprio ora. «Sopravviviamo, teniamo duro. E aspettiamo». Mentre sulla città — accusano gli ucraini — piovono bombe russe che vanno a colpire chi scappa dall’acqua.

Aspettando la controffensiva. Che ci sia ciascun lo dice, dove sia qualcun lo sa. «È iniziata», spara il Washington Post, che cita quattro fonti ucraine. «Una nuova fase della guerra sta partendo», rilanciano le tv americane Abc e Nbc. «Siamo alla spinta decisiva», è sicuro il New York Times, parlando con una gola profonda Usa. «La controffensiva è in corso almeno da domenica», rilancia da Zaporizhzhia l’attivista putiniano Vladimir Rogov. «Nessuna conferma e nessuna smentita», dice al Corriere un funzionario vicino a Zelensky. La consegna del silenzio cuce da domenica le bocche ucraine, politiche e militari, ma tutti fan capire una cosa: di sicuro, ci sono i primi segnali d’«intense operazioni offensive» e il tanto atteso contrattacco è probabilmente già questo, nessuno squillo di tromba, ma una serie di strappi sul fronte meridionale, dosando i 70 mila soldati freschi e soprattutto oliando le armi preparate dall’Occidente.

Dalla Svezia fresca di Nato sono in arrivo un miliardo e 600 milioni di dollari in sistemi d’artiglieria, missili antiaerei, tank Leopard 2, cinquanta carrarmati Cv-90 (quelli capaci di centrare un elicottero distante quattro chilometri) e pure quattro compagnie di fanteria meccanizzata che sapevano usare solo i vecchi carri russi Bmp-1 e ora invece si sono addestrate, su tecnologie sofisticatissime, in località segrete. L’escalation è già qui. E se tocca al ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, smentire l’ex segretario atlantico Rasmussen e assicurare al mondo che «nessun soldato Nato metterà mai piede in Ucraina finché c’è la guerra», i ceceni di Ramzan Kadyrov non si fanno problemi a postare le foto dei blindati China Tiger arrivati per la prima volta, e chissà come, da Pechino. Nemmeno Zelensky nega d’avere chiesto via telefono al presidente francese Emmanuel Macron di mandare, oltre agli aiuti per l’inondazione, anche gli addestratori necessari ai nuovi aerei.

Si picchia duro. Di nuovo. A Zaporizhzhia, Si attacca a Kherson. Ma anche su Marivka, vicino a Donetsk. A Bakhmut. Nove province sotto il fuoco, bambini morti nel Donbass, decine di feriti. Il perno del primo grande attacco ucraino è la 47esima brigata meccanizzata, che spinge sulla città della centrale nucleare: 148 esplosioni nelle ultime 24 ore. Ma qui rischia però di presentarsi presto un problema serio di altro tipo: «Il livello dell’acqua del bacino della diga adesso è troppo basso per alimentare le riserve che servono raffreddare i reattori», ha detto il leader di Ukrhydroenergo, la società che gestisce l’infrastruttura. A sentire i russi, l’altra notte c’è stata una furiosa battaglia di cento minuti che avrebbe causato a Kiev perdite di 945 uomini, 33 tank, 28 blindati, tre obici Krab polacchi… Le solite iperboli del ministro della Difesa di Mosca, Serghei Shoighu, ma con un dato confermato dagli abitanti — «tremava tutto, sembrava l’inferno», dice l’ingegnere Nikolai Timchuk, raccontando al telefono — e un risultato ammesso pure dal governo ucraino: l’ondata su Zaporizhzhia è stata respinta dai russi.

Ora a Mosca s’aspettano un attacco anche in Crimea e il megaponte di Putin, costruito dopo l’annessione, è stato chiuso: la penisola, già senz’acqua per la diga distrutta, è ancora di più un’isola.

9 giugno 2023 (modifica il 9 giugno 2023 | 00:00)