Intervista a Olaf Scholz: «Sui migranti l’Italia non può essere lasciata sola. La stabilità fiscale va difesa»

di Paolo Valentino

Parla il cancelliere tedesco, che l’8 giugno sarà ricevuto a Roma da Meloni e Mattarella. «Non lasciamo Roma sola sui migranti, ma serve un approccio responsabile» Sull’Ucraina: «Kiev nell’Ue quando soddisferà i criteri»

Intervista a Olaf Scholz: «Sui migranti l’Italia non può essere lasciata sola. La stabilità fiscale va difesa»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO — «Ovviamente ci sono problematiche e sfide cui Italia e Germania guardano da prospettive diverse. Certamente parleremo anche di come approfondire ulteriormente i nostri rapporti», dice Olaf Scholz nell’intervista esclusiva al nostro giornale, la prima a un media italiano da quando è alla guida del governo tedesco. Il cancelliere federale arriva oggi a Roma, dove incontrerà il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Scholz ricambia così la visita che la nostra premier fece in febbraio a Berlino. Siamo in grado di anticipare che il clou dei colloqui romani tra i due leader sarà l’annuncio della fine dei lavori di preparazione del Piano di azione italo-tedesco, che verrà poi firmato in autunno nel vertice intergovernativo tra Italia e Germania, ospitato dai tedeschi, del quale parliamo qui accanto.

Signor cancelliere, dopo la fine del governo presieduto da Mario Draghi, gli elettori italiani hanno votato per una coalizione di centrodestra, con alla guida Giorgia Meloni. L’impressione è che dopo la stretta collaborazione e la piena identità di vedute registrate con Draghi, culminate nella vostra visita a tre con Emmanuel Macron a Kiev, ci sia stato un raffreddamento nei rapporti tra Roma e Berlino. Come giudica lo stato attuale delle relazioni bilaterali? E questa visita può essere letta come la ripresa di un dialogo?
«Le relazioni tra Italia e Germania sono strette, basate sulla fiducia e molto solide. E questo vale non solo per i nostri Paesi e le nostre società, ma anche per la cooperazione con il governo italiano. Dopo la visita inaugurale della presidente del Consiglio Meloni a Berlino qualche mese fa, sono ora io a recarmi a Roma per colloqui politici con lei e con il presidente della Repubblica Mattarella. Lavoriamo bene insieme a livello dell’Unione europea, nell’ambito della Nato e del G-7».

Uno dei temi sui quali Germania e Italia appaiono in disaccordo è la politica industriale. La Germania è il Paese dell’Ue che elargisce più aiuti di Stato ai settori d’avanguardia, come i semi-conduttori e il clean tech. Quanto è sostenibile un’Europa dove ogni Paese finanzia da sé gli investimenti industriali?
«A mio avviso, le decisioni del governo tedesco rientrano nel quadro di ciò che altri Paesi dell’Ue fanno per la competitività della loro industria. Insieme ci preoccupiamo di rendere l’economia dei nostri Paesi in grado di affrontare il futuro, in condizioni di neutralità climatica e digitalizzazione. Questa grande ristrutturazione del nostro settore industriale comporta uno sforzo massiccio da parte di tutti gli attori, compreso lo Stato. In tal modo faremo sì che l’Ue rimanga competitiva. Siamo d’accordo sulla necessità di rendere la legislazione europea sugli aiuti statali ancora più agile e flessibile nel tempo, in modo che gli investitori sappiano fin da subito quali aiuti possono aspettarsi. Dobbiamo anche rafforzare le condizioni quadro per gli investimenti in Europa nel suo complesso. Per esempio, occorrono procedure amministrative e di approvazione accelerate, quando si tratta di tecnologie chiave per la trasformazione. La presidente della Commissione europea ha formulato in merito proposte importanti, che vanno nella giusta direzione. Tutti i Paesi europei devono affrontare queste sfide per essere in grado di approfittare della crescita futura».

Sulla riforma del patto di Stabilità e crescita, il suo ministro delle Finanze ha espresso una posizione negativa sulla proposta della Commissione, basata sui cosiddetti percorsi differenziati di rientro. La Germania vuole ancora regole di bilancio severe e identiche per tutti?
«Il governo tedesco ha avanzato fin dall’inizio proposte costruttive e ha reagito in modo differenziato alle considerazioni della Commissione europea. L’importante è che tutti i cittadini abbiano la certezza che il loro Stato continuerà a essere in grado di agire e a mostrare solidarietà anche in tempi di crisi. Ciò richiede stabilità fiscale, regole chiare rispettate e un quadro comune trasparente. Non si tratta di condurre espressamente singoli Stati in una crisi di austerità, ed è per questo che da ministro delle Finanze ho contribuito a proporre il fondo di ricostruzione affinché l’intera Europa possa superare la crisi. Ora nei colloqui con i partner comunitari, si tratta di garantire la crescita, la sostenibilità del debito e gli investimenti, in modo che la trasformazione delle nostre economie nazionali abbia successo».

Anche in tema di migrazioni, ci sono divergenze tra Italia e Germania. In particolare, Roma è contraria alla recente proposta tedesca di creare degli hot spot ai confini esterni dell’Unione, cioè anche in Grecia e Italia, per la prima gestione degli arrivi. Cosa dirà alla presidente del Consiglio Meloni su questo tema? Ci possono essere punti di convergenza e quali sono?
«Innanzitutto, Italia, Grecia e gli altri Paesi mediterranei affrontano una sfida enorme, poiché il numero dei rifugiati che arrivano ai loro confini è in aumento. Non possiamo lasciare l’Italia e gli altri Paesi da soli, ma dobbiamo adottare un approccio di solidarietà e responsabilità. La Germania da parte sua è particolarmente colpita dall’immigrazione secondaria: lo scorso anno non solo più di un milione di donne e uomini provenienti dall’Ucraina sono fuggiti nella Repubblica Federale, ma anche 230 mila rifugiati provenienti da altri Paesi sono venuti da noi, nonostante non abbiamo un confine esterno dell’Ue. Pertanto, abbiamo bisogno di una distribuzione solidale di responsabilità e competenza fra gli Stati membri dell’Ue nonché del rispetto degli standard per chi richiede protezione nelle procedure di asilo e di integrazione negli Stati dell’Ue. Il mio governo è fortemente impegnato in una riforma del Sistema europeo comune d’asilo (Ceas, ndr) e a nostro avviso ciò richiede ulteriori sforzi a livello comunitario per rendere più efficaci il controllo e la protezione delle frontiere esterne, in modo umano e nel rispetto delle regole vigenti. Sulla forma esatta delle proposte, intense discussioni sono in corso a Bruxelles e anche la Germania vi contribuisce. Inoltre, proponiamo di lavorare con i Paesi d’origine e quelli di transito per ridurre in modo sostenibile gli arrivi irregolari e consentire invece vie d’accesso legali. Questo non è in contraddizione con la posizione dell’Italia».

La Germania ha lanciato insieme a nove Paesi, fra cui l’Italia, l’iniziativa del «Club di amici» per estendere il voto a maggioranza alla politica estera e di difesa nella Ue. Il ministro degli Esteri italiano ha però frenato sull’iniziativa sostenendo che non è una priorità. Lei pensa che si possa andare avanti da subito?
«L’Unione europea dispone di maggioranze qualificate in gran parte dei settori politici. Ho più volte sottolineato che l’Europa — soprattutto nella prospettiva dell’ampliamento — deve diventare più capace di agire, sia verso l’esterno che verso l’interno, anche attraverso meccanismi decisionali più efficienti. Un’Ue allargata dev’essere un’Ue riformata! In particolare, abbiamo bisogno di più decisioni del Consiglio a maggioranza qualificata in politica estera e fiscale. Continuerò a fare opera di persuasione per convincerli di questo! Non è l’unanimità, non è l’accordo al 100% in tutte le decisioni a creare la massima legittimità democratica possibile! Al contrario, sono invece la promozione e la lotta per le maggioranze e le alleanze che ci contraddistinguono come democratici. La ricerca di compromessi che tengano conto anche degli interessi della minoranza, è esattamente ciò che intendiamo per democrazia liberale».

Si parla molto in queste settimane di una futura alleanza tra popolari e conservatori in Europa, che dovrebbe sostituire la maggioranza tra popolari, socialisti e liberali che ha portato Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione. È una prospettiva credibile secondo lei? Il suo governo è favorevole alla riconferma di von der Leyen?
«Il governo federale lavora bene con la Commissione europea, così è stato in passato e così sarà anche in futuro. Per quel che riguarda le alleanze politiche nel Parlamento europeo, la prego di perdonarmi, ma non desidero esprimermi in questa sede».

Per quanto ancora teme che andrà avanti il conflitto in Ucraina? Cosa sarà necessario per aprire la strada a un negoziato? Quale può essere il ruolo della Cina?
«Non sappiamo quando questa guerra finirà. Ma una cosa è chiara: il presidente Putin ha la possibilità di porvi fine immediatamente, cessando le ostilità e ritirando le truppe. A questo potrebbero seguire colloqui per una pace giusta tra Ucraina e Russia, come Kiev da tempo propone. Ma la Russia rimane ferma alle sue massime richieste imperialiste. Dobbiamo dunque prepararci a dover aiutare l’Ucraina ancora a lungo. E sosterremo l’Ucraina a raggiungere una pace equa e duratura. A questo scopo stiamo intrattenendo intensi scambi con l’Ucraina e con molti altri Paesi del mondo».

Quali garanzie di sicurezza si possono e si devono dare a Kiev per il dopoguerra? È d’accordo con Henry Kissinger, secondo il quale l’Ucraina deve entrare nella Nato quanto prima? E qual è la posizione del governo tedesco sull’eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione europea? Ci sarà ancora posto per la Russia nella futura architettura della sicurezza in Europa?
«Per ora si tratta di fare di tutto per aiutare l’Ucraina a difendersi. L’obiettivo principale è una pace equa e la fine di questa terribile guerra che causa tante sofferenze e distruzione. È chiaro che in una situazione di dopoguerra, l’Ucraina avrà bisogno di impegni concreti e affidabili da parte di partner e alleati per aumentare la propria sicurezza. Ne stiamo parlando già ora con i responsabili politici ucraini e i nostri alleati più stretti. L’Ucraina appartiene alla famiglia europea! Siamo determinati a sostenerla nel percorso d’ingresso all’Ue. È chiaro a tutti che un’adesione all’Unione europea potrà avvenire solo dopo che i criteri d’ingresso saranno stati soddisfatti. Anche l’Ue deve fare i suoi compiti per essere in grado di accogliere nuovi membri».

I rapporti con la Cina sono al centro del dibattito in Europa e in Occidente. Dobbiamo avere un atteggiamento più duro verso Pechino? In che modo? Cosa pensa dell’idea, secondo cui le aziende dovrebbero dichiarare quando investono in Cina e un governo potrebbe eventualmente bloccare l’investimento?
«Abbiamo concordato chiaramente all’interno dell’Ue — più recentemente anche nell’ambito del G7 — che si tratta di ridurre i rischi derivanti da dipendenze unilaterali. Non ci sarà quindi alcun decoupling, cioè un disaccoppiamento delle aree economiche nelle nostre relazioni con la Cina. Al contrario, è nell’interesse di tutti noi che anche l’economia cinese continui a crescere e il benessere dei suoi cittadini possa svilupparsi positivamente. Naturalmente questo riguarda soprattutto e in particolare la parte più povera della popolazione cinese, ancora numerosa. Tuttavia, una cosa mi sembra sia molto importante: dobbiamo essere più attenti a garantire che le nostre relazioni si svolgano nel quadro dell’ordine globale e che tutti gli Stati accettino di rispettare le regole internazionali. Soltanto così noi potremo garantire una politica che porti a una maggiore resilienza economica e sicurezza a livello internazionale. Concretamente, si tratta di assicurare condizioni di parità per gli investimenti a livello globale, sia per le aziende europee, americane e di altri Paesi che operano in Cina, sia per le aziende cinesi attive nei nostri Paesi. Allo stesso tempo, dobbiamo assicurarci di diversificare le nostre strutture economiche al più presto possibile, in modo da ridurre le nostre dipendenze nelle catene di approvvigionamento, nelle esportazioni e negli investimenti diretti. Questo vale in particolare per i beni critici come minerali, semiconduttori e batterie. A mio avviso non dobbiamo escludere la Cina dal commercio mondiale».

8 giugno 2023 (modifica il 8 giugno 2023 | 06:59)