I conti pubblici

Pnrr, il braccio di ferro con l’Ue e la richiesta di proroga: cosa può succedere ai fondi per l’Italia

di Claudia Voltattorni

Pnrr, il braccio di ferro con l'Ue e la richiesta di proroga:  cosa può succedere ai fondi per l'Italia

Tre mesi anziché due per valutare le criticità del Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia. Ci sono 55 obiettivi da esaminare, alcuni dei quali hanno sollevato nella Commissione europea qualche perplessità. Un’analisi che servirà a dare poi il via libera alla terza tranche da 19 miliardi di euro. Una richiesta di più tempo non troppo grave però secondo il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni: «Decisione analoga è stata presa per altri 7-8 Paesi, non credo che il senso di queste verifiche debba essere troppo esagerato».

Ma il punto, dice l’ex premier, «è che la sfida per attuare un piano di queste dimensioni è una sfida per le nostre capacità tradizionali di assorbimento della spesa molto seria, nessuno può ignorare le difficoltà di questo assorbimento e di attuazione, e tutti dobbiamo concentrarci nello sforzo di superarle».

Spiega Gentiloni che la Commissione è «nella fase della valutazione del rispetto degli obiettivi e dei target legati alla terza richiesta di pagamenti, stiamo lavorando assieme al governo e continueremo per approfondire alcune misure». È un segnale «dell’attenzione con cui i nostri servizi verificano il pieno raggiungimento di tutti gli obiettivi, non pochi (55) e in alcuni casi particolarmente complessi».

Il lavoro tra Bruxelles e il governo Meloni dunque procede e lo stesso ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto assicura che «il dialogo con la Commissione Ue è costruttivo, stiamo lavorando bene, riteniamo che ci sia bisogno di individuare insieme le modalità della flessibilità» e invita però la Commissione a valutare «le peculiarità dell’Italia»: «Abbiamo il piano più ambizioso (220 miliardi di fondi), siamo fra i Paesi con i più grandi programmi di coesione, una specificità che deve essere considerata rilevante».

Fitto spiega come l’obiettivo del governo sia quello di «connettere i tre programmi - Pnrr, coesione e fondi di sviluppo - immaginando una visione comune nell’utilizzo di queste risorse». Il vicepremier Matteo Salvini assicura che «i soldi del Pnrr saranno spesi fino all’ultimo euro», e il collega Antonio Tajani invoca flessibilità: «Se qualche progetto salta ce ne faremo una ragione».


Ma le opposizioni sono preoccupate. «Pronti? Non mi sembra», dice la segretaria dem Elly Schlein: «Avevo chiesto al ministro Fitto di venire a riferire su una questione che riguarda interessi nazionali, noi tifiamo Italia e continueremo ad insistere di non perdere l’opportunità rappresentata dai fondi del Pnrr». La leader del Pd sottolinea inoltre come il Pnrr non sia «patrimonio di un partito o del governo» e che quindi «va coinvolto il Parlamento». E Carlo Calenda (Azione) punta il dito sulla premier Giorgia Meloni che «scarica su Draghi, dicasi Draghi, i problemi del Pnrr: quando Draghi va solo ringraziato».

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