Così una «mini» scommessa su Deutsche Bank ha bruciato 30 miliardi dalle Borse europee

di Federico Fubini

Così una «mini» scommessa su Deutsche Bank ha bruciato 30 miliardi dalle Borse europee

I regolatori dei mercati finanziari hanno individuato un’operazione su alcuni derivati legati a Deutsche Bank che potrebbe aver innescato il crollo dell’istituto tedesco in borsa venerdì. Lo riporta l’agenzia di informazione finanziaria Bloomberg. Si tratterebbe di una scommessa ribassista sui credit default swap (cds) legati alle obbligazioni subordinate di Deutsche Bank: piccola in sé ma, in un mercato scosso dai dissesti di Silicon Valley Bank e di Credit Suisse, capace di distruggere valore di mercato per decine di miliardi di euro.

Cosa sono i credit default swap

Di che si tratta? I credit default swap sono derivati emessi da istituzioni finanziarie e funzionano come polizze assicurative contro l’insolvenza di una società. In caso di mancato rimborso del debito, chi ha venduto i cds deve rimborsare a chi detiene quei derivati il valore pieno delle obbligazioni andate in default. Ovvio dunque che il prezzo dei cds salga se un debitore viene considerato più a rischio, esattamente come il premio di una polizza sulla vita sale per una persona meno sana.

Differenza da polizze tradizionali

Fra credit default swap e polizze tradizionali c’è però una differenza cruciale: mentre non è possibile assicurarsi sulla vita di un’altra persona, è invece permesso comprare cds di copertura del debito di un’istituzione finanziaria che non si detiene. Chi possiede dunque i cds, senza essere esposto direttamente sul debito di una società, beneficia direttamente se quella società viene considerata dal mercato come più fragile: il valore dei suoi derivati infatti sale. Deriva anche di qui l’uso dei credit default swap come strumenti con i quali si innesca e si accompagna un’operazione ribassista su di un titolo, come accaduto giovedì e venerdì scorso ai danni di Deutsche Bank. Il vantaggio di usare i cds è (anche) nella possibilità di ottenere forti spostamenti di valore mobilitando risorse finanziarie relativamente limitate: l’acquisto di pochi derivati ne fa salire molto il prezzo, dando al mercato l’impressione di debolezza di una società che, a sua volta, ne fa crollare il titolo in Borsa.

I fondi speculativi

Così, secondo quanto scrive Bloomberg, una scommessa da appena cinque milioni di euro sui cds relativi al debito subordinato di Deutsche Bank ha spazzato via oltre 30 miliardi di valore azionario delle banche europee. E i fondi speculativi che hanno innescato il movimento ne hanno beneficiato molto, pur rischiando molto poco. In sostanza, come raccontato dal Corriere venerdì stesso, si è trattato di un’operazione di pochi, per pochi, a danno di molti. Ma permessa dalla distrazione e dalle omissioni delle autorità, perché in questo la lezione del crollo di Lehman Brothers è passata senza lasciare traccia. La crisi del 2008, in particolare, non ha insegnato che è pericoloso permettere a chi non detiene esposizione diretta su una banca di detenerne invece i cds: è come essere assicurati sulla vita di un altro, con tutti gli incentivi perversi che ciò implica.

Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank

Del resto giovedì e venerdì scorso il quadro era ideale per un attacco del genere. L’azzeramento dei bond subordinati e convertibili di Credit Suisse, il weekend precedente, aveva fatto crescere per tutte le banche europee i rendimenti da offrire agli investitori per poterne emettere di nuovi. Subito il mercato si è concentrato su chi avrebbe dovuto farlo a breve: due fragili banche locali tedesche, Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank, avevano i loro bond in scadenza. Poiché le due avrebbero dovuto comunque rifinanziarsi emettendo altri titoli dello stesso tipo (i cosiddetti “coco”), alcuni hedge fund americani hanno previsto che Pfandbriefbank e Aareal Bank avrebbero preso un’altra strada: invece di rimborsare i detentori, avrebbero trasformato i titoli in obbligazioni perpetue (era comunque legale, in base ai contratti). Ed è ciò che le due hanno fatto perché il costo per loro era comunque minore di quello di emettere nuovi bond.

Gli hedge fund americani

Non era la prima volta che facevano così, quelle due banche relativamente piccole. Ma, con la ferita dei bond di Credit Suisse ancora aperta, alcuni hedge fund americani hanno previsto che la mossa dei due istituti avrebbe spaventato il mercato. Per questo hanno preso di mira Deutsche Bank, prevedendo che la tensione si sarebbe scaricata sui suoi titoli. Per questo giovedì gli hedge fund hanno costruito posizioni ribassiste sulla prima banca tedesca, per guadagnare vendendone le azioni senza possederle. Sempre in serata di giovedì, hanno iniziato a comprare credit default swap sul debito subordinato della stessa Deutsche, il cui prezzo si è dunque impennato.

Il crollo dell’azione

Quando si è diffuso il nervosismo per i coco delle banche tedesche, per gli hedge fund è arrivato il jackpot. Hanno guadagnato dall’aumento del prezzo dei derivati di assicurazione sul default di Deutsche (in parte da loro provocato). Poi hanno guadagnato anche dal crollo dell’azione della grande banca tedesca, quando il mercato ha creduto di capire dalla quotazione in aumento dei Cds che qualcuno temeva il fallimento di Deutsche stessa. Vedremo ora se i regolatori europei si decideranno a proibire l’acquisto di cds su debito che non si possiede: forse il caso Deutsche Bank farà capire la lezione che, dopo Lehman, si è voluto dimenticare. Magari perché troppi interessi di mercato in gioco fanno vacillare anche la memoria.

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