Economia

Caro-carburanti, ispezioni Antitrust-Gdf nelle sedi dei big del petrolio: irregolarità sui prezzi. I benzinai: "Sciopero confermato"

Caro-carburanti, ispezioni Antitrust-Gdf nelle sedi dei big del petrolio: irregolarità sui prezzi. I benzinai: "Sciopero confermato"
(agf)
L'Autorità garante della concorrenza si muove dopo i rilievi della Gdf. "Applicazione alla pompa di un prezzo diverso da quello pubblicizzato". Nel mirino la rete Eni, Esso, Ip, Kuwait, Tamoil. I sindacati dei distributori tornano a confermare la protesta del 25-26 gennaio dopo il decreto del governo
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ROMA Al distributore, sul classico tabellone a totem, l’automobilista leggeva un prezzo, per benzina e diesel. Poi, al momento di pagare, sganciava più soldi del dovuto. Alcuni automobilisti pagavano e basta, ignari, inconsapevoli, perché il distributore neanche esponeva i prezzi, come invece era tenuto a fare per trasparenza.

La Guardia di Finanza segnala le furbate di oltre mille stazioni di servizio all’Autorità Antitrust, garante dei consumatori. E l’Antitrust mette ora sotto accusa i giganti del petrolio — Eni, Esso, Italiana Petroli, Kuwait e Tamoil — per la mancata vigilanza sui possibili abusi ai distributori.

In questo clima, i benzinai — delle sigle sindacali Fegica e Figisc Confcommercio — confermano lo sciopero del 25 e 26 gennaio, indispettiti dall’iniziativa dell’Antitrust. Soprattutto chiedono che il Parlamento — al momento di convertirlo in legge — corregga il decreto Trasparenza, in Gazzetta Ufficiale da sabato. Danno fastidio le possibili sanzioni a chi gestisce le stazioni di servizio.

Alle pompe di benzina, dunque, non tutto ha funzionato come doveva. Accanto a migliaia di gestori onesti, se ne segnalano oltre mille che hanno ingannato i loro clienti. Intanto erano tenuti a segnalare i loro prezzi al portale pubblico “Osservaprezzi Carburanti”.

Il pieno in borghese

In questo modo, le persone — prima di un lungo viaggio in autostrada — avrebbero individuato a colpo d’occhio i distributori più convenienti. E invece nessuna segnalazione è partita. I finanzieri, poi, si sono presentati in centinaia di stazioni di servizio. In borghese, hanno fatto il pieno.

Quindi hanno accertato che il prezzo pagato era ben più alto di quello che i cartelloni promettevano. Altre volte, è bastata una fotografia della Guardia di Finanza per dimostrare che i prezzi non erano neanche esposti.

Alla fine, queste tre furbate sono riconducibili a distributori con i marchi Eni 376, Esso 40, Ip 383, Kuwait 175, Tamoil 48. Stazioni di rifornimento distribuite in tutta Italia, in modo omogeneo. Alle luce di questi indizi, l’Autorità Antitrust muove delle formali contestazioni alle società Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum Italia e Tamoil. Non avrebbero «prevenuto o contrastato le condotte illecite a danno dei consumatori».

"Noi corretti"

Roberto Di Vincenzo, rappresentante dei benzinai e presidente della Fegica, bolla questa situazione come «ridicola». Il governo — spiega — ha riconosciuto la correttezza della stragrande maggioranza delle stazioni di servizio. Ma, nello stesso tempo, scatena finanzieri e Antitrust nella caccia all’abuso.

Invece Bruno Bearzi, presidente della Figisc, bolla il decreto Trasparenza del governo Meloni come «pasticciato». A suo parere, l’esposizione del prezzo medio regionale — che il decreto impone — rischia di confondere gli automobilisti.

La sospensione dell'attività

E sarebbero «sproporzionate» le sanzioni a danno delle stazioni di servizio che non rispettano i nuovi obblighi di trasparenza. Una multa da 6 mila euro, il benzinaio la ripaga a patto di vendere «180 mila litri di benzina, pari a 6 autobotti». Anche la madre di tutte le ammende — la sospensione dell’attività fino a 90 giorni — «è inaccettabile».

Per questi motivi, nell’incontro al ministero delle Imprese che dovrebbe tenersi oggi, i sindacati dei benzinai reclameranno la riscrittura del decreto. O sarà sciopero. Ottimista il sottosegretario Freni (Economia): «Una mediazione», dice, «si troverà»