Economia

Gas, ecco i tre motivi che porteranno il prezzo oltre i 200 euro

Gas, ecco i tre motivi che porteranno il prezzo oltre i 200 euro
(ansa)
Instabilità creata dalla riduzione delle forniture russe ai paesi Ue, aumento della domanda causata dalla corsa al riempimento degli stoccaggi in vista dell'inverno e rialzo della domanda globale di Gnl
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ROMA - Non siamo ancora al record storico toccato a inizio marzo, ma manca veramente pochissimo. Il prezzo del gas naturale sul mercato europeo è ormai a un passo da superare nuovamente i 200 euro al megawattora. Le quotazioni, così come sono calcolate dall'indice Ttf alla borsa di Amsteradm (l'equivalente del Brent di Londra per il petrolio) hanno raggiunto i 180 euro: con un ulteriore rialzo del 15% torneranno là dove erano già arrivate (a quota 210 euro), due settimane dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte delle forze russe. E per gli esperti ci sono concrete possibilità che la corsa prosegua ancora.

Ma cosa ha causato i nuovi rialzo, soprattutto dopo che i prezzi tra la fine di marzo e l'inizio di giugno si erano attestati tra i 100 e gli 80 euro? I motivi sono sostanzialmente tre: l'instabilità creata dalla riduzione delle forniture russe ai paesi dell'Unione europea, l'aumento della domanda causata dalla corsa al riempimento degli stoccaggi in vista dell'inverno e il rialzo della domanda globale di Gnl, il gas naturale liquefatto che viaggia via nave.

Sono ormai una decina i paesi Ue che hanno avuto una riduzione totale o parziale delle forniture da parte di Gazprom, il più grande gruppo al mondo per a produzione e vendita di gas naturale. Sotto il controllo del Cremlino è diventato il braccio economico del regime di Vladimir Putin: grazie alle esportazioni di idrocarburi. Mosca ha una bilancia commerciale in attivo, grazie alla quale sta finanziando la guerra.

Fin dall'inizio del conflitto la sua strategia è stata quella di muovere le sue pedine per provocare un rialzo dei prezzi sul mercato delle materie prime, in modo a continuare a gaudagnare più o meno le stesse cifre, nonostante la riduzione delle forniture all'Europa. Non solo: l'aumento delle quotazioni ha portato al ritorno dell'inflazione in Europa e Stati Uniti, mettendo sotto pressione le economie occidentali e i relativi governo. A dimostrazione che l'economia può essere una guerra che si combatte con altre armi.

Una volta che il mercato, dopo la fiammata iniziale, è tornato verso gli 80 euro, il Cremlino ha iniziato a chiudere i rubinetti dei gasdotti. Prima ha fermato le vendite a paesi come Olanda, Polonia e Bulgaria; poi ha cominciato a ridurlo ai suoi maggiori clienti, come la Francia ma soprattutto Italia e Germania.

L'Italia si è vista prima ridurre i flussi di un  primo 20%, mentre lunedì scorso è arrivata da Mosca la comunicazione di un altro 30% in meno. Si tratta di numeri relativamente piccoli: l'ultimo taglio è stato di 10 milioni di metri cubi. Poca cosa se si pensa che l'anno scorso erano arrivati in totale 38 miliardi di metri cubi da parte di Gazprom al nostro paese.

I flussi verso la Germania sono ormai ridotti al minimo. In questi giorni i russi hanno fermato il Nord Stream 1, il gasdotto che passa sotto il Mar Baltico. Ufficialmente per lavori di manutenzione che dovrebbero durare fino al 21 luglio. Ma tutta Europa teme che sia solo una scusa e che le forniture non torneranno più ai livelli di giugno.

Tutto questo ci porta al secondo motivo dell'incremento dei prezzi. Il blocco parziale delle forniture avviene nelle settimane in cui si stanno concentrando gli sforzi dei vari paesi per riempire gli stoccaggi, i depositi sotterranei dove si immagazzina il gas naturale per l'inverno. Un documento della Commissione Ue ha rivelato che senza il gas russo si arriverebbe a riempire non più del 71%  del totale in Europa, contro l'obiettivo dell'80% a fine ottobre e il 90% a fine anno. Per velocizzare le operazioni sono intervenuti i governi mettendoci soldi pubblici, perché a questo livello di prezzi i privati non prenotano capacità da immagazzinare negli stoccaggi.

La terza ragione dei rincari delle quotazioni del gas riguarda il Gnl, il gas naturale liquefatto. il metano che viaggia via nave è destinato sempre di più a sostituire il gas russo che passa dai gasdotti. Ma la ripresa delle economie in Asia (in particolare in Cina dopo la fine dei nuovi lockdown) sta provocando nuovamente una rincorsa alla materia prima, facendo lievitare ulteriormente i prezzi. In buona sostanza: il prezzo sul mercato europeo sale per eccesso di domanda e perché gli investitori scommettono sul fatto che salirà ancora.

Ma fino a quando? Alberto Ponti, senior partner e responsabile delle Strategie e sviluppo del fondo F2i, segue il settore da anni ed è convinto che la strategia dei russi, che finora ha funzionato, fra non molto si scontrerà con i suoi limiti. "In questo momento - spiega - il mercato è drogato soprattutto dalla corsa a riempiere gli stoccaggi. Ma di questo passo, i governi saranno costretti a razionare i consumi. Ma anche a fermare le forniture di elettricità, riducendo ulteriormente l'uso di gas. Inoltre, il rischio che si vada in recessione, sarà un altro freno alla domanda di materia prima. A questo punto, i russi potranno fare ben poco per sostenere i consumi".

Ma quando accadrà? "Il meccanismo sta già coinvolgendo il petrolio, il cui prezzo infatti scende già da qualche settimana. Per il gas la svolta avverrà non appena si metteranno d'accordo nei paesi occidentali per il tetto al prezzo del gas. Quello sarà il segnale per il ribasso delle quotazioni. Non per nulla la Commissione Ue si sta giù muovendo e settimana prossima annuncerà il piano per la riduzione dei cosnumo. sarà solo il primo passo".