Il generale Mizintsev, il «macellaio» russo che conduce il massacro di Mariupol

di Andrea Nicastro

Mikhail Mizintsev è considerato il responsabile dell’attacco barbaro alla città di Mariupol: è stato coinvolto nelle guerre più violente, dal Caucaso alla Siria. Ad affrontarlo il maggiore ucraino Denis Projipenko, uno dei fondatori del Battaglione Azov

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La battaglia per Mariupol è barbara. Si combatte tra morti insepolti, palazzi ridotti a teschi e civili che muoiono di fame, sete, freddo e paura. Ce ne sarebbero ancora centomila tra le macerie della città, in cerca di cibo e riparo tra bombe che esplodono senza pausa. Putin vuole quelle macerie a ogni costo . Potrà così riunificare lo storico Donbass e congiungere la Russia alla Crimea. Esattamente come ha fatto con la capitale cecena Grozny.

Per strappare la città di Maria agli ucraini ha incaricato due uomini: il secondo più alto in comando delle sue Forze Armate, il generale Mikhail Mizintsev, e il «ragazzo» che pacificò per suo conto la Cecenia a forza di stermini e ricatti, il presidente Ramzan Kadyrov.

I due leader dell’assedio hanno a disposizione circa 15 mila uomini e tutte le bombe e i cannoni che vogliono.

A difendere quel che resta della città ci sono invece 3 mila soldati, forse meno. Hanno ancora artiglieria e qualche mezzo corazzato. Sanno che difficilmente potranno arrendersi senza essere passati per le armi, cioè uccisi a sangue freddo. Perché i tremila di Mariupol sono il simbolo di quel pericolo nazista che sventola Putin davanti alla sua opinione pubblica. Li guida un maggiore di neanche 40 anni, Denis Projipenko, comandante della Brigata Azov.

«I miei ragazzi comunicano via radio di aver preso il municipio di Mariupol. La nostra bandiera sventola sul comune». Il ceceno Kadyrov si è attribuito così ieri sera la conquista attraverso un messaggio su Telegram. Non è arrivato a sostenere che la città assediata fosse caduta, ma solo di avere le mani su uno degli edifici più simbolici. Quel «via radio», poi, fa pensare che lui sia lì, poco lontano a guidare l’offensiva.

È un imbroglio, sostiene Meduza , il sito d’informazione che ha spostato la sua sede fuori dalla Russia per poter continuare ad informare libero dalla censura putiniana. La foto del «comune» che mostra Kadyrov non è di Mariupol, ma del quartiere satellite sulla riva sinistra del fiume Kalmius già sotto controllo russo da giorni.

Non è il primo bluff del leader ceceno in questa guerra. Pochi giorni fa aveva detto di essere in combattimento a pochi chilometri da Kiev e invece se stava tranquillo nel cortile di casa in Cecenia, di fianco alle gabbie delle tigri dove finiscono i suoi oppositori.

Anche senza le bravate kadyroviane, Mariupol non può resistere a lungo. Secondo i servizi segreti ucraini a supervisionare l’assedio c’è Mizintsev.

Da 10 anni il generale è a capo del centro nazionale di comando della Difesa e su tutti i fronti caldi del revanscismo putiniano, dal Caucaso alla Siria. Sulla carta un ufficiale troppo alto in grado per una specifica area di conflitto, ma forse l’importanza dell’assedio per il successo dell’«operazione speciale» russa giustifica il coinvolgimento diretto del numero due delle Forze Armate.

Sarebbe quindi stato Mizintsev, da Mosca, ad ordinare di colpire le infrastrutture civili (luce, gas, riscaldamento, telecomunicazioni) per inasprire le condizioni dell’accerchiamento, lui ad aumentare via via la potenza e il numero dei raid aerei, lui ad ordinare il bombardamento dei rifugi dei civili (l’ospedale ginecologico, il teatro, la scuola d’arte, oltre a innumerevoli condomini). Lui ora a dover schiacciare la resistenza del contingente del maggiore Projipenko.


I social ucraini fanno rivivere, a ragione, per l’assedio di Mariupol la storia di Davide contro Golia, dei pochi contro i tanti. Davide è, in questo caso, Denys Projipenko, «eroe dell’Ucraina» e già leggenda, e Golia è il «macellaio» Mizintsev. Tre anni fa un neopresidente Zelensky dovette piegare il collo indietro per riuscire a guardare in faccia il gigante Projipenko, prima di decorarlo.

I suoi uomini e la 36° Brigata di marines ucraini riescono ancora a rallentare l’attacco. Ieri la sua brigata Azov avrebbe distrutto quattro blindati russi e anche fatto dei prigionieri. Su Projipenko il sospetto di neonazismo. Il governo ucraino sostiene che Azov è ripulito da elementi d’ultradestra da quando è entrato a far parte della Guardia Nazionale. Nelle condizioni attuali, però, è poco rilevante. Sono tremila uomini in trappola e nessuno sembra in grado di evitare il loro massacro.

25 marzo 2022 (modifica il 25 marzo 2022 | 09:03)