Il generale Graziano: «No-fly zone? Solo l’Onu può decidere»

di Marco Galluzzo

Il generale: «Da Versailles viene un messaggio chiaro, va rafforzata la Difesa comune europea. Oggi i 27 Paesi membri dell’Ue spendono circa 230 miliardi di euro, ma finanziano troppi sistemi diversi»

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Generale Claudio Graziano, lei è a capo del Comitato militare della Ue. Come vede la guerra sul campo, ritiene che Putin, come dicono molti analisti, abbia fatto molte sottovalutazioni?
«Quando 18 giorni fa ci siamo seduti per la prima volta nella sala di crisi pensavamo tutti che l’esercito ucraino sarebbe collassato nel giro di poco tempo. Ma i russi hanno preparato un’offensiva sulla base di informazioni certamente non corrette. La componente più efficiente del sistema di difesa degli ucraini si sono dimostrate le forze di difesa aeree. Sicuramente Putin ha sbagliato i calcoli ed è per questo che non ha la supremazia aerea. Poi la situazione può cambiare da un momento all’altro ed i bombardamenti nell’Ovest non lasciano presagire niente di buono».

La capacità di resistenza degli ucraini può essere determinante?
«È una battaglia dura, i russi stanno aumentando i livelli di violenza, rischiando un grande bagno di sangue in più di una città, a cominciare da Kiev. Ma le capacità militari e morali degli ucraini possono di certo fare la differenza. In più la Russia non ha la capacità tecnologica dell’Occidente, spende la maggior parte del suo bilancio militare per il sistema di armi nucleari. Putin non può perdere, ma non può nemmeno vincere».

Zelensky invoca una no-fly zone.
«È una decisione che può prendere l’Onu, come è accaduto in Libia. In questo caso, senza una copertura delle Nazioni Unite, sarebbe un atto di guerra contro la Russia».

Che conseguenze avranno le sanzioni sul nostro Paese?
«Le sanzioni sono state una doverosa, straordinaria e corale risposta dei Paesi occidentali all’invasione dell’Ucraina. La forza di queste misure inizia a farsi sentire ma il loro impatto aumenterà con il passare del tempo. Non vi è dubbio però che hanno un costo molto elevato anche per i Paesi applicanti — come l’Italia — che negli anni non hanno diversificato l’approvvigionamento energetico».

L’Ue nel vertice di Versailles ha preso la decisione di accelerare la costituzione di un esercito europeo.
«Devo dire che sicuramente ci troviamo di fronte ad un momento storico. Dal vertice di Versailles emerge la presa di coscienza dell’Europa di doversi assumere la responsabilità di proteggere i propri cittadini, le democrazie delle singole nazioni e dell’Unione nella sua totalità e, non meno importante, si prende atto del fatto che la difesa dei nostri valori ha un costo».

Quando sarà operativo questo progetto?
«Entro il 2025 avrà la piena capacità operativa e consentirà il rapido impiego di una capacità militare multinazionale (Eu rapid deployment capacity) di natura interforze, di 5.000 unità, dotata di assetti navali e aerei necessari non solo per il trasporto, il supporto e l’appoggio, ma anche per la condotta di attività operative, anche in ambienti non permissivi. Ma già da quest’anno i Paesi membri avvieranno una riflessione comune per definire in quali scenari questa forza può essere chiamata ad operare. Questa iniziativa è un primo passaggio verso quello che un domani dovrebbe essere un sistema di difesa comune europeo dotato di almeno 60 mila unità, impiegabili sino a 6 mila chilometri di distanza dai confini europei».

Già oggi i Paesi della Ue, tutti insieme, hanno una spesa del bilancio militare superiore a quello della Russia: la decisione della Ue avrà bisogno di finanziamenti cospicui ad hoc?
«Da Versailles viene un messaggio chiaro, ossia rafforzare la Difesa comune europea. È chiaro che il problema europeo in materia di spesa per la difesa non è semplicemente legato al solo raggiungimento del 2% del Pil. Oggi l’Europa dei 27 Paesi membri spende circa 230 miliardi di euro che servono a tenere efficienti circa 180 diversi sistemi d’armi a fronte dei 30 degli Stati Uniti, 17 sistemi terrestri a fronte di uno solo dei nostri alleati e via dicendo. Questa frammentazione oltre a non essere più sostenibile in termini di economia di scala, si stima che generi una sovrapposizione della spesa continentale fino a 100 miliardi di euro all’anno. Da qui l’esigenza non più rimandabile non solo di spendere di più, ma la necessità di spendere meglio evitando sprechi e duplicazioni».

La Ue ha preso un’altra decisione storica, inviare per la prima volta aiuti militari, per 500 milioni di euro, ad un altro Paese. Questi fondi potrebbero essere raddoppiati.
«È una scelta strategica, che trasforma i tratti della Ue, che ora per la prima volta nella sua storia partecipa da protagonista alla sicurezza internazionale. È una risposta ai tempi della storia, una reazione ad un evento eccezionale, che sta cambiando e cambierà certamente il corso della storia».

Gli ucraini li ricevono effettivamente?
«Alcune informazioni sono classificate, ma certamente stanno ricevendo quanto viene destinato. Queste armi stanno anche lanciando un messaggio di difesa dell’intera Europa».

14 marzo 2022 (modifica il 14 marzo 2022 | 12:36)