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Identità di genere e vantaggio sleale nelle prestazioni: il documento che mette in discussione le linee del CIO

Identità di genere e vantaggio sleale nelle prestazioni: il documento che mette in discussione le linee del CIO
La Federazione Internazionale di Medicina dello Sport (FIMS) guidata dal Professor Fabio Pigozzi e la Federazione Europea delle Associazioni di Medicina dello Sport (EFSMA) anche questa guidata da un italiano, Maurizio Casasco, affermano che la linea del Comitato Internazionale Olimpico sull'identità di genere e le variazioni di sesso, consente un vantaggio competitivo sleale e non riesce a stabilire qualsiasi standard formale che tutti gli organismi sportivi possano facilmente seguire. Una posizione condivisa da alcune delle più importanti federazioni sportive internazionali
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Questione di genere, identità sessuale, ma anche parità di diritti nelle competizioni, certezza scientifica dell’appartenenza di genere al momento in cui si scende in pista, ci si affianca in corsia, si vede la propria vita finire in polvere per un centesimo di secondo in meno, o alle stelle per un centimetro in più. A venti giorni dalle Olimpiadi invernali di Pechino un documento pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale  BMJ Open Sports & Exercise Medicine si trasforma in un vero e proprio atto d’accusa verso la linea politica approvata sull’argomento dall’Esecutivo del CIO. Un testo che risponde punto su punto a quanto indicato dal Comitato Internazionale Olimpico a metà novembre 2021.

“Il nuovo framework del Comitato Olimpico Internazionale sull'equità, l'inclusione e la non discriminazione negli sport non considera accanto ai diritti umani anche gli aspetti scientifici legati al genere e alla prestazione”

E’ questo il passaggio principale del documento che toglie il velo di ipocrisia dalla scelta di indirizzo del CIO. Dove è stato considerato l’aspetto umano ma è stata messa da parte la scienza, ed è stata soprattutto portata alla luce una inclinazione politica generale ipersensibile al comune sentire del momento. Scelta che di fatto finisce per accantonare ogni considerazione sugli effetti incontenibili che questa linea di indirizzo potrebbe generare una volta entrati nel perimetro dello sport.

La Federazione Internazionale di Medicina dello Sport (FIMS) guidata dal Professor Fabio Pigozzi, attuale Prorettore Vicario dell’Università di Roma Foro Italico nonché unico membro italiano del Foundation Board della Wada e la Federazione Europea delle Associazioni di Medicina dello Sport (EFSMA) anche questa guidata da un italiano, Maurizio Casasco che attualmente presiede anche la Federazione Medico Sportiva del nostro paese, affermano che il framework del CIO, che affronta l'identità di genere e le variazioni di sesso, pubblicato alla fine dello scorso anno, consente in effetti un vantaggio competitivo sleale e non riesce a stabilire qualsiasi standard formale che tutti gli organismi sportivi possano facilmente seguire.

 

Maurizio Casasco e Fabio Pigozzi
Maurizio Casasco e Fabio Pigozzi 

Una posizione condivisa da alcune delle più importanti federazioni sportive internazionali e che ha trovato il consenso di prestigiose istituzioni come la  World Olympians Association (WOA), il Gender Identity Clinic Tavistock and Portman NHS Foundation Trust di Londra unitamente a componenti della stessa Commissione Medica del Comitato Olimpico Internazionale e del Comitato Intenazionale Paralimpico. Tra gli autori che hanno posto la firma nel testo, rapprsentanti dell’UCI, Unione ciclistica internazionale, di World Triathlon, di World Athletics. Ma soprattutto nel lunghissimo elenco di Università e Istituzioni che da diversi angoli del mondo sono intervenuti per supportare una linea che finisce per confliggere con le indicazioni date meno di tre mesi fa dal CIO e che dovrebbero entrare in vigore a marzo subito dopo le sfide di Pechino, dove si ritrovano molte delle più accreditate istituzioni di medicina e scienza dello sport mondiale, dalla Humboldt University and Charité University School di  Berlino alla State Medical University Sechenov di Mosca, dall’Università di  Ulm  all’Università di Città del Capo, lo  Sports Medical Center dell’Istituto di Scienze dello Sport di Tokio, l’Institute of Sports Science dell’Università di Vienna e l’Università di Liegi tanto per citarne alcune. Unite da un identico orizzonte: la scienza non può essere spazzata via da una indicazione figlia del comune sentire.

“La posizione del framework del CIO 2021 che afferma in assenza di presunzione di vantaggio [di prestazione] fino a quando non ci siano prove a riguardo, gli atleti non dovrebbero essere considerati come beneficiari di un vantaggio competitivo ingiusto o sproporzionato a causa delle loro variazioni di sesso, aspetto fisico o stato di transgender è  in netto contrasto con le risultanze del Consensus Statement  dello stesso CIO del 2015, con le prove scientifiche e con la successiva valutazione di numerose associazioni/commissioni medico sportive”  scrivono gli Autori.

Al momento si ragiona in termini di scontro filosofico, di posizioni molto distanti ma rispettose del diverso sentire. Ma è anche vero che divergenze tanto acute sono destinate a portare lo sport su un terreno sconnesso dove è facile ipotizzare l’ingresso della giurisprudenza classica per dirimere scontri ben meno prosaici dell’attuale. Il documento pubblicato si propone infatti di trasformarsi in stimolo e occasione di dibattito critico per garantire a tutti gli atleti il diritto a una competizione leale coerente con il codice WADA [Agenzia mondiale antidoping] che "protegge il diritto fondamentale di un atleta a partecipare a sport in cui i compagni atleti non sono stati modificati a proprio vantaggio  mediante doping o altri mezzi". Senza una indicazione scientifica precisa, le competizioni sportive rischiano di trasformarsi in sfide dove i protagonisti sono scelti in base a valutazioni di federazioni nazionali portate a far leva su principi che nulla hanno a che vedere con i risultati delle analisi scientifiche.

Nasce da questa considerazione, l’idea di un Position Statement  dove si chiede alle organizzazioni sportive come il CIO, di “assumersi la responsabilità di stabilire standard e aspettative, basati sull'equità competitiva e sulla migliore scienza disponibile, e che tutte le Federazioni Internazionali possano essere in grado di seguire, piuttosto che lasciare che  singole organizzazioni interpretino il framework”.

Un documento dove infine si chiede che tutte le parti interessate nello sport, inclusi il CIO, le federazioni internazionali, gli sponsor, la WADA e i consigli di ricerca medica/biomedica, supportino la ricerca essenziale "per supportare soluzioni scientifiche basate su prove più coerenti con una visione a tutto tondo dei diritti umani e dell'equità". La chiamano “Partita di genere”, ma per lo sport è la linea d’equilibrio che può cambiare il volto all’intero movimento olimpico.

 

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