Djokovic: l’Australia sospende l’espulsione, ma il tennista torna in stato di fermo

di Marco Calabresi e Andrea Sereni

L’Australia revoca il visto di Novak Djokovic ma il giudice Kelly sospende l’epulsione fino alla decisione sul ricorso: a mezzanotte verrà interrogato dai funzionari dell’immigrazione, poi tornerà in stato di fermo. Sabato alle 23 l’udienza

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Il governo australiano ha revocato il visto di ingresso di Novak Djokovic per la seconda volta. Il ministro dell’Immigrazione, Alex Hawke, ha cancellato il permesso del serbo, che ha ammesso di non essere vaccinato contro il Covid, «per motivi di salute e ordine pubblico». Secondo il ministro, «era nell’interesse della popolazione farlo».

Il tennista non verrà immediatamente espulso
: il giudice Anthony Kelly ha accolto la richiesta dei suoi avvocati per la sospensione dell’espulsione in attesa che venga esaminato il ricorso. Il caso passa alla Corte federale. Questi i prossimi passi. Intanto Djokovic è tornato in stato di fermo. La nuova misura cautelare è scattata quando il tennista si è presentato davanti ai funzionari dell’ufficio immigrazione che gli hanno notificato il provvedimento governativo, prima di un’udienza preliminare davanti al giudice Davi O’Callaghan. Poi Nole avrà la possibilità di confrontarsi con i suoi legali per organizzare con loro la difesa per l’udienza decisiva di domenica. Per il resto della giornata di sabato sarà «detenuto», probabilmente al Park Hotel, la struttura adibita a parcheggio per rifugiati e richiedenti asilo. Sabato sera alle 23 (le 9 di domenica mattina australiane) l’udienza definitiva.

Nell’udienza lampo (seguita da oltre 45mila persone in streaming) davanti al giudice Kelly che si è svolta venerdì i legali del tennista hanno definito «palesemente irrazionale» il comportamento del ministro Hawke. «Prima che il torneo inizi ogni minuto che abbiamo è prezioso», le parole dell’avvocato di Djokovic, Nick Wood. «Intendiamo depositare la memoria definitiva entro mezzogiorno di sabato. Il governo australiano può rispondere entro mezzanotte, così domenica può essere fissata l’udienza», la proposta del team di Nole. Gli Australian Open, primo torneo dello Slam dell’anno, iniziano lunedì. Djokovic, il numero uno al mondo, guida il tabellone del singolare maschile e dovrebbe scendere in campo proprio lunedì. Rischia, dovesse essere respinto il ricorso, di non poter mettere piede in Australia per i prossimi tre anni.

La revoca del visto

La giornata era iniziata con il pronunciamento del governo contro Djokovic. «Ho esercitato il mio potere ai sensi dell’articolo 133C della legge sulla migrazione di annullare il visto che Novak Djokovic aveva ottenuto per motivi di salute ritenendo che fosse nell’interesse della popolazione», ha spiegato il ministro Hawke in una nota. «Il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere i confini dell’Australia, in particolare in relazione alla pandemia di Covid-19», si legge ancora nel documento. L’articolo 133 a cui fa riferimento Hawke è quello che potrebbe portare al divieto di ingresso per tre anni in Australia . Sulla sentenza si è espresso anche il primo ministro Scott Morrison: «Comprendo la decisione, il nostro popolo ha sacrificato tanto durante questa pandemia, e ora si aspetta che questi sacrifici vengano protetti».

La ricostruzione

Vediamo come è iniziata questa odissea. Il 4 gennaio Djokovic annuncia su Instagram di essere in partenza per l’Australia con una esenzione medica al vaccino. Arriva all’aeroporto Tullamarine di Melbourne in piena notte (quando in Italia erano le 13.30), viene chiuso in una stanza, due ufficiali a sorvegliare la porta, sottoposto ad un interrogatorio di oltre sette ore al termine del quale gli viene revocato il visto d’ingresso. Quella notte Djokovic ammette alle autorità di Melbourne di non essersi mai vaccinato contro il Covid, ma di essere risultato positivo al virus il 16 dicembre. Per questo ha chiesto e ottenuto la citata esenzione al vaccino. Non mancano le incongruenze: nei giorni successivi alla positività partecipa ad aventi pubblici e a un’intervista all’Equipe. Il tennista dichiara di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti l’arrivo in Australia, in realtà in quel periodo è stato in Spagna e Serbia. Un errore «umano e di certo non deliberato» commesso dal suo agente, spiega, nel compilare il travel form.

Gli ultimi giorni

La prima sentenza del giudice Anthony Kelly è favorevole al campione. Alla base della sua decisione di revocare l’annullamento del visto di ingresso c’è ancora la notte alla dogana. Dalle trascrizioni dell’interrogatorio emergono incongruenze sul tempo promesso e poi realmente concesso a Djokovic per difendersi e presentare motivazioni valide. Un vizio di forma che permette al serbo di vincere la prima battaglia legale con il governo australiano e così di uscire dal Park Hotel. Lunedì sera corre a Melbourne Park ad allenarsi, condivide una foto con la racchetta in mano e coach Ivanisevic al suo fianco.

Ringrazia i tifosi che per lui hanno manifestato, chiarisce di essere in Australia per gli Open, di essere concentrato sul torneo (che ha vinto nove volte, record assoluto). Viene anche inserito nel tabellone, testa di serie numero uno, primo turno contro il connazionale Kecmanovic. Lo Slam numero 21, uno in più dei rivali di sempre, le montagne che deve scalare da una vita, Federer e Nadal. Però le incongruenze sul tampone e le bugie sui suoi spostamenti si accumulano. E arriva la decisione del ministro Hawke. La battaglia legale continua ma per Nole è sempre più difficile: per tentare il sorpasso rischia di dover aspettare ancora.

14 gennaio 2022 (modifica il 16 gennaio 2022 | 17:20)