11 dicembre 2020 - 07:29

Divieti Covid dal 21 dicembre, la fuga al Sud dei professori: «Scuole a rischio chiusura»

Corsa a chiedere permessi dal 19 per evitare il blocco. I presidi: così due giorni scoperti. Appello alla Regione per le deroghe. I sindacati: serve responsabilità

di Giovanna Maria Fagnani

Divieti Covid dal 21 dicembre, la fuga al Sud dei professori: «Scuole a rischio chiusura» Gli studenti in uscita dall’istituto Cardarelli Massaua. Le elementari e le medie faranno lezione in classe anche lunedì e martedì
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L’ultimo dpcm è stato varato il 3 dicembre e la mattina dopo, sul tavolo di Maddalena Di Muccio, preside all’istituto comprensivo Capponi, è arrivata la prima richiesta di ferie di una docente. L’insegnante vorrebbe assentarsi a partire dal 19 dicembre. Ora le domande sono una decina, ovvero riguardano circa un quarto del personale. Sono i docenti — spesso precari e fuorisede — che vogliono partire prima del blocco degli spostamenti tra regioni legato alle norme di contenimento della pandemia che scatterà lunedì 21 dicembre. Ma sia lunedì che martedì 22 le scuole saranno regolarmente aperte. Con un numero così alto di assenze, in questo periodo in cui ci sono anche altre restrizioni (per esempio, non si può dividere una classe), per garantire un orario regolare la scuola dovrebbe fare i salti mortali. La preside potrebbe a questo punto decidere di rifiutare i permessi. Ma teme che lunedì 21, all’avvio delle lezioni in mattinata, arrivino certificati di malattia dell’ultim’ora. «Come potrei assicurare le attività didattiche se si verificasse un esodo di massa come nel primo lockdown? Non avrei nemmeno il tempo di avvisare i genitori» dice Di Muccio che, in questi giorni, ha raccolto la preoccupazione di molti altri suoi colleghi. E fa un appello al presidente della Regione Attilio Fontana: «Vorrei che il governatore chiedesse al governo una deroga, in modo che siano garantiti sia il diritto allo studio dei ragazzi, sia la possibilità per loro e per gli insegnanti di raggiungere i familiari che vivono in altre regioni. Si tratta nella maggior parte dei casi di lavoratori stabili nella precarietà, ovvero che insegnano qui da anni e quindi hanno spostato qui la residenza, ma che sono soli».

La stessa preside è originaria di Alife (Caserta), dove è stata anche sindaco facente funzione per un anno e mezzo («E poi per nove anni consigliere d’opposizione» aggiunge). Per lei il problema non si pone, perché ha mantenuto il domicilio laggiù e raggiungerlo è permesso dal dpcm. Ma conosce il tormento di chi fa avanti e indietro. E, nella lettera che ha preparato per Fontana, parla di «diritto allo studio e diritto agli affetti» e di empatia. «La scuola è una comunità, le famiglie non devono sentirsi abbandonate e lo sarebbero se io lunedì mi ritrovassi senza insegnanti. Ma anche loro non devono sentirsi soli. Occorre che le istituzioni dicano a noi presidi cosa fare». La questione potrebbe riguardare molte altre scuole, che sono in difficoltà nei giorni «scoperti». La Lombardia, infatti, è una delle regioni con la più alta percentuale di docenti fuorisede. «I precari sono circa il 35 per cento del totale e chi viene da fuori è soprattutto in questa categoria — dice Tobia Sertori segretario generale di Cgil Scuola Lombardia —. Il vero tema è ciò che succederà in quei giorni nelle scuole primarie e alle medie, perché alle superiori c’è la dad.

I presidi che hanno l’organico sufficiente possono riorganizzarsi con supplenze interne. Ma come sindacato non chiediamo deroghe: nel contratto ci sono tutele sia per gli studenti che per i lavoratori. Il diritto allo studio supera il diritto alle ferie, in questo caso». D’accordo Agostino Miele, alla guida della sezione milanese dell’Associazione Nazionale Presidi. «È molto difficile che i dirigenti riescano a bilanciare i due diritti: ci proveranno sostituendo chi parte magari con personale Covid. E per chi non ci riuscirà c’è il problema della tutela dei minori che va garantita e supera il diritto al permesso. Evidentemente il legislatore, abituato a considerare le scuole chiuse, non ha tenuto conto che le scuole saranno ancora aperte. E sono due giorni che rischiano di essere deleteri». Concedere i permessi o meno? Per Augusta Celada, presidente dell’Ufficio Scolastico Regionale, «i presidi devono esercitare la funzione datoriale che gli è propria nel valutare se concederli o negarli. Per il resto, il rientro alla propria abitazione è comunque permesso».

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