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Infrastrutture e banda veloce: le scelte per spingere la crescita

di Fabio Savelli

Infrastrutture e banda veloce: le scelte per spingere la crescita

Quello che serve - sono tutti d’accordo - è un piano-Paese. Soprattutto ora con i fondi dell’Europa (quei 209 miliardi destinati all’Italia) per attutire il colpo della pandemia e costruire il nostro futuro. Per non perdere l’occasione della Storia - «visto che si tratta di risorse due e volte e mezzo il piano Marshall», rileva Stefania Radoccia di Ey - bisogna darsi delle priorità. La società di consulenza strategica ne propone tre. Alla nostra classe dirigente che ieri era rappresentata per intero al convegno ibrido (fisico e virtuale) EY Capri Digital Summit.

L’amministratore delegato di Ey in Italia, Massimo Antonelli, li chiarisce subito e più di qualcuno ha preso appunti: 1) La pubblica amministrazione dovrebbe essere la cinghia di trasmissione dei fondi ma non sappiamo se è in grado di farlo. L’età media nel pubblico impiego è altissima: il 2% del personale è under 35; 2) Mettere le imprese al servizio della trasformazione tecnologica del Paese; 3) Serve un investimento sulle competenze. La scuola era un ascensore sociale, ora brancola nel buio.

Primo corollario, registra Marco Daviddi di Ey: «Serve uno choc infrastrutturale - reti fisiche e virtuali come la banda larga - ma anche trasporto pubblico locale». Al momento il contributo dei privati, seppur in crescita, è pari al 5,5% del Pil, del 2% per la spesa pubblica. Germania e Francia viaggiano attorno all’8. Partenariato pubblico-privato su cui investire. Il modello può essere Cassa Depositi. Dice l’ad Fabrizio Palermo: «Siamo un investitore dinamico e paziente». Per gestire il risparmio e dargli forma al servizio del cambiamento. Il polo dei pagamenti digitali tra Sia-Nexi ne è il primo esempio. L’ingresso nel capitale di Borsa è il secondo. Il terzo è il turismo e le risorse per il capitale di rischio a supporto dell’innovazione.

Secondo corollario: Francesco Starace, a capo di Enel, dice che serve subito anche «una riforma della governance europea». Perché senza la connessione col mondo possiamo poco. «Abbiamo un’economia fuori scala rispetto al Paese». I Paesi presi singolarmente - dice Starace - non sono in grado di gestire un volume di investimenti paragonabile ai fondi del Recovery». Se parliamo di connettività non può non venire in mente Alitalia. Dice Fabio Lazzerini, ceo designato di Alitalia («Quando arriva la newco? - chiede - noi siamo a pronti a partire»). Nel trasporto aereo quest’anno si perderanno 500 miliardi di ricavi. «Ma se tutti i governi del mondo stanno investendo nel capitale delle compagnie un motivo c’è», dice Lazzerini. «Il 76% dei sedili di Alitalia è su voli domestici. Troppi. Troppo pochi quelli su rotte internazionali». Da qui le difficoltà dei produttori di aerei civili e il loro indotto. Alessandro Profumo guida un fornitore di Airbus e Boeing come Leonardo. Dice che «nei nostri stabilimenti del Sud, se viene approvato un programma dal sistema della Difesa europeo, potremmo portare delle capacità di sviluppo per fare in modo innovativo delle ali».

Ma il futuro non può non essere determinato da una strategia energetica nazionale. Marco Alverà guida Snam. «Bisogna pensare da qui a 5 anni. E non possiamo non farlo con l’idrogeno il cui costo diventerà competitivo. La politica energetica europea è guidata dalla Germania, che deve uscire dal carbone e dal nucleare». Ma senza il contributo delle nuove generazioni tutto passa in secondo piano. «Quale futuro vogliamo costruire se la metà dei nostri giovani sta in panchina?», arringa Donato Iacovone, presidente di WeBuild. «D’altronde è sempre una questione di tempi», dice il commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Se prendiamo in tempo il virus costruiamo il futuro. Con Immuni. In proposito: «Sette milioni di download sono pochi».

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