29 aprile 2024 - 06:41

Elezioni Usa: cosa sposta i voti di bianchi, afroamericani, ispanici, asiatici e delle donne

di Milena Gabanelli e Giuseppe Sarcina

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Forse nessun altro Paese al mondo come gli Stati Uniti è formato da così tante etnie, comunità religiose e culturali. Non è stato facile per nessun presidente, e non lo è neanche per Joe Biden, governare in equilibrio, cercando di non urtare la sensibilità di questo o quell’altro gruppo. Un esercizio che diventa indispensabile nel pieno di una competizione elettorale che sarà combattuta fino all’ultimo voto. In questo scenario di incertezza, i sondaggi mostrano come potrebbe risultare decisivo l’orientamento delle minoranze etniche e, più in generale, quello delle donne. Donald Trump sta recuperando consenso tra afroamericani, ispanici e asiatici: addirittura venti punti percentuali in più rispetto al 2020, ma è in difficoltà con il voto femminile.
Il peso delle minoranze

Secondo uno studio del Pew Research Center di Washington, per le presidenziali del 5 novembre 2024, su 333 milioni di abitanti si registreranno 246 milioni e 50 mila potenziali elettori. Non andranno tutti a votare, tuttavia i bianchi costituiscono la maggioranza assoluta (il 64,8%), i votanti afroamericani saranno circa il 14%, gli ispanici il 14,7%, gli asiatici il 6,1%. A prima vista, quindi, la partita elettorale sembra nelle mani dei bianchi. Ma non è proprio così, perché negli Usa non vince chi ottiene la maggioranza dei voti in tutto il Paese. I cittadini nominano i «grandi elettori» Stato per Stato e saranno poi questi ultimi a indicare il nuovo capo della Casa Bianca. La mappa geopolitica degli Usa è tradizionalmente divisa in due blocchi tra democratici (California, New York e altri) e repubblicani (Texas, Alabama eccetera), ma nessuno dei due ha i delegati sufficienti per eleggere il presidente. Biden e Trump dovranno conquistare i sette Stati dove domina l’incertezza. Sono i cosiddetti «stati in bilico»: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania, Wisconsin.

Gli «Swing States» fanno la differenza

Al momento, stando agli ultimi sondaggi raccolti da RealClearPolitics, Trump è in vantaggio ovunque tranne che in Pennsylvania. Se le cose dovessero rimanere così, «The Donald» tornerebbe alla Casa Bianca. Il voto delle minoranze etniche potrebbe contribuire a rovesciare o confermare questi rapporti di forza. Gi afroamericani possono risultare decisivi in Georgia, dove costituiscono il 33% dell’elettorato, e avranno un ruolo importante in North Carolina (23%); Michigan (14%); Nevada (12%); Pennsylvania (11%). Gli ispanici, invece, potranno condizionare l’esito in Arizona (25% dell’elettorato) e in Nevada (22%). Infine gli asiatici: presenza rilevante in Nevada (11%), consistenza più ridotta altrove (4% in Arizona e in Georgia; 3% in North Carolina, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania). Ma da dove nasce l’insoddisfazione delle minoranze etniche?

Al momento, stando agli ultimi sondaggi raccolti da RealClearPolitics, Trump è in vantaggio ovunque tranne che in Pennsylvania.

Ucraina e Gaza: chi sta con chi

Una prima pista conduce alla politica estera di Biden. Il caso più evidente è il conflitto di Gaza. L’appoggio di Biden a Israele ha suscitato la rabbia di gran parte della comunità arabo-americana (3,7 milioni di persone). Ma il 46% dei bianchi, tra i quali ci sono naturalmente i 5,8 milioni di cittadini della comunità ebraica, sostiene Israele senza riserve. Un sondaggio del Siena College, pubblicato dal New York Times il 2 marzo 2024, segnala come solo un quarto di afroamericani, ispanici e asiatici si schieri con il governo di Tel Aviv, mentre il 30% circa solidarizza con i palestinesi. Un dato che fra gli studenti universitari oggi sembra in crescita. Anche sulla guerra in Ucraina le tre etnie palesano una certa freddezza nei confronti della strategia di Biden. Il 64% dei bianchi è d’accordo con l’invio di altre armi a Kiev; la percentuale di black, ispanici e asiatici si aggira intorno al 50%. Sul blocco all’immigrazione è d’accordo con Trump il 53% dei bianchi, ma anche il 40% degli afroamericani, ispanici e asiatici. In realtà una ricerca pubblicata dal sito Statista nel febbraio 2024 indica quali siano le vere priorità per tutti gli elettori. I temi, insomma, che spostano i voti. Al primo posto c’è l’economia seguita da sanità, immigrazione, cambiamento climatico, sicurezza nazionale e aborto.

I rincari non perdonano

L’allarme sull’economia Usa può sembrare un paradosso, alla luce dei dati fondamentali. Nel 2023 il prodotto interno lordo è cresciuto del 2,8% e l’inflazione è scesa al 3,5% (marzo 2024). Questa percentuale, apparentemente gestibile, copre una situazione ben diversa per le famiglie a basso reddito, colpite da rincari vertiginosi per i beni di prima necessità. L’anno più difficile è stato il 2022. All’improvviso negozi e supermercati si sono trasformati in campi minati: il prezzo del pane? Più 15%. Le uova? Più 49%. Burro? Più 34%. In media i generi alimentari e la benzina erano rincarati del 10%, i trasporti pubblici del 23% (fonte visualcapitalist.com). Gli aumenti hanno eroso il potere d’acquisto di tutti i consumatori: bianchi, afroamericani, ispanici e asiatici. Due terzi di loro sono convinti che il quadro economico del Paese sia pessimo. Il 66% dei bianchi, il 56% afroamericani, il 71% ispanici, il 55% degli asiatici ritengono che oggi si stia peggio rispetto a quattro anni fa, quando alla Casa Bianca c’era Donald Trump. (Fonte: Siena College). In effetti dal 2021 a oggi la media dell’inflazione è stata pari al 5%, contro l’1,4% dell’epoca trumpiana. Andrebbero però considerati gli effetti sui prezzi provocati dalla pandemia e dalle guerre in Ucraina e a Gaza. Ma, evidentemente, per i consumatori la responsabilità è del governo di Washington.

Più occupazione, ma non per i black

Negli ultimi mesi, la crescita ha rilanciato le assunzioni. Solo nel mese di marzo 2024 sono stati aggiunti 300 mila posti di lavoro e nel 2023 i salari sono aumentati, in media, del 4%. Il tasso di disoccupazione non è mai stato così basso: il 3,7%. Ma i benefici non sono distribuiti in modo uniforme tra la popolazione. Le cifre diffuse dall’ente federale, il Bureau of Labour Statistics, segnalano che la disoccupazione tra gli afroamericani è del 6,5%, quasi doppia rispetto alla media nazionale. Molto bene invece gli asiatico-americani con il 2,5%, mentre gli ispanici arrivano al 4,5%.E poi la casa: tutti si lamentano perché non riescono a comprare o affittare un appartamento. I più scontenti sono gli afroamericani: nove su dieci. Quindi prezzi, lavoro, salari, casa. Sono questi i terreni sui quali si sta erodendo il consenso di Biden, soprattutto tra gli elettori delle diverse etnie. Il resto, guerre, immigrazione, sanità, sicurezza nazionale, rimane sullo sfondo. Il presidente sta provando a reagire, recuperando margini sul voto femminile che, naturalmente, tocca le donne bianche, afroamericane, ispaniche e asiatiche.

Il voto sull’aborto può fare la differenza

Dal 1964 in poi, per quindici tornate presidenziali, le elettrici sono state più numerose degli elettori (dati del Center for american women and politics). Nel 2020 hanno votato 82 milioni di donne rispetto a 72,5 milioni di uomini. Nel 2016 Trump ottenne il 39% del suffragio femminile, ma quattro anni dopo quella percentuale era salita al 44%, con Biden al 55%. Un trend in ascesa che però oggi traballa. Uno dei temi chiave sarà l’aborto. Nel giugno 2022 la Corte Suprema ha cancellato la storica sentenza «Roe v. Wade» (1973) che garantiva a tutte le donne americane il diritto di interrompere la gravidanza. Da quel momento ognuno dei 50 Stati può regolarsi come crede. Nel Paese si è acceso un aspro scontro sociale e culturale. Secondo le rilevazioni del Pew Research Center, il 63% delle donne difende il diritto di scelta mentre il 35% vorrebbe rendere l’aborto illegale (o quasi) ovunque. Non solo l’80% dei democratici, ma anche il 60% dei repubblicani moderati e perfino il 27% dei più conservatori si dichiarano «pro-choice» (libertà di scelta delle donne). In un primo momento Donald Trump si era schierato con i «pro-life» (no all’aborto). Poi deve aver visto i sondaggi diffusi dalla Quinnipiac University: a gennaio 2024 il suo consenso femminile era sceso al 41%, a febbraio al 36%. A quel punto l’ex presidente è corso ai ripari. I democratici ora si stanno battendo per introdurre una legge che assicuri il diritto di aborto a livello federale, mentre i conservatori si oppongono. Trump prova a chiamarsi fuori dalla contesa: «Lasciamo che siano i singoli Stati a decidere come intervenire». Una posizione che rischia di scontentare le organizzazioni «pro-life» senza fare breccia nel movimento «pro-choice». Questa è la fotografia a oggi, con un processo a Trump in corso, un sostegno più forte di Biden all’Ucraina e un’escalation pro-Palestina in tutti i campus universitari. Incertezze che possono ancora incidere sulle elezioni del 5 novembre.

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