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La tela di Macron per l’Ue che verrà, porte chiuse al bis di von der Leyen

L’Eliseo non conferma la notizia di Bloomberg sui colloqui con gli altri leader per lanciare Draghi. Palazzo Chigi: “Se ne parla solo dopo il voto”

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PARIGI - Il nome di Mario Draghi continua a occupare la scena nelle discussioni per i top job della prossima legislatura europea. Ieri è stata l’agenzia Bloomberg a rilanciare una possibile candidatura dell’ex presidente della Bce appoggiata dalla Francia. Secondo l’agenzia, Emmanuel Macron sarebbe già «in contatto con i suoi omologhi europei sulla possibilità di avere un tecnico alla guida della Commissione Ue, come l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi». Una notizia che l’Eliseo non ha voluto confermare.

Bloomberg scrive, basandosi su fonti europee, che nei contatti che il leader francese avrebbe avuto per sostenere il nome Draghi ci sarebbe anche Giorgia Meloni. Una circostanza smentita da Palazzo Chigi che ha ribadito in una nota che «qualsiasi contatto o negoziato volto a definire i futuri assetti dei vertici politici dell’Unione potrà avvenire solo dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo».

La stessa prudenza vale per l’Eliseo e i macronisti, molto abbottonati su qualsiasi ipotesi post voto del 9 giugno. Non è un mistero la stima del capo di Stato francese per Draghi e la forte relazione tra i due. Finora però Macron non ha mai voluto esporsi pubblicamente su una candidatura per la Commissione Ue, seguendo la posizione di Renew che ha scelto di non avere uno spitzenkandidat. Il leader francese considera soprattutto prematuro mettere ufficialmente un “suo” nome sul tavolo, nel timore che venga bruciato nei giochi di veti opposti tra le grandi famiglie politiche. Macron punta a essere il king maker dei negoziati che si apriranno tra meno di due mesi, calando un asso nei negoziati che si annunciano lunghi e complessi. È quello che riuscì a fare nel 2019 diventando sponsor politico di Ursula von der Leyen e imponendo una candidatura terza rispetto a socialisti e popolari. Che Draghi sia uno dei possibili assi nella manica di Macron è stato confermato a Repubblica da diverse fonti nel suo entourage anche se all’esterno i macronisti sono tenuti al riserbo assoluto, proprio nell’obiettivo di non sprecare quello che molti vedono a Parigi come il miglior nome spendibile per una leadership a Bruxelles nei prossimi anni.

Il sostegno di Macron a un bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione non è mai stato confermato. Anzi, in uno degli ultimi vertici europei il leader francese ha insistito sulla necessità di un profilo bipartisan, «sopra le parti» come ha spiegato parlando con i giornalisti a Bruxelles. Un identikit che agli occhi di Macron non corrisponde più all’attuale presidente della Commissione. Nel 2019, l’ex ministra tedesca della Difesa non era in corsa ed era diventata a sorpresa la candidata macronista. Questa volta è la candidata ufficiale del Ppe, tra l’altro non avendo ricevuto un largo sostegno neanche dal suo schieramento. In Francia, per esempio, la destra dei Républicains ha deciso di non sostenerla.

Macron quindi non vuole ancora sbilanciarsi su un “piano D” per Bruxelles, continuando però ad avere contatti frequenti con Draghi negli ultimi tempi. L’Eliseo ha speso parole di apprezzamento per il recente intervento sull’Ue dell’ex presidente della Bce. «Riprende, almeno nella sua espressione, molte osservazioni fatte da Enrico Letta» notano i consiglieri dell’Eliseo, citando la relazione sul mercato interno dell’ex premier italiano e l’allarme sul rischio di declassamento dell’Ue nella contrapposizione mondiale tra grandi potenze. «Aspettiamo con interesse il rapporto sulla competitività» aggiungono all’Eliseo a proposito del documento che Draghi dovrebbe consegnare entro l’estate.

Proprio oggi Macron pronuncerà alla Sorbona un discorso sull’avvenire dell’Europa, a sette anni dal suo primo discorso per «un’Europa sovrana, unita e democratica» scandito il 26 settembre 2017 nella stessa università parigina. Un manifesto programmatico che aveva imposto la sua leadership nell’Ue, anche con un nuovo lessico europeo come il termine «autonomia strategica» ormai usato anche da politici che appartengono ad altre famiglie politiche a Strasburgo. In vista del voto del 9 giugno, Macron rischia di trovarsi di fronte a un successo della lista di estrema destra guidata da Jordan Bardella. Il Rassemblement National di Marine Le Pen nei sondaggi è a più del 30%, quasi il doppio della lista della maggioranza macronista guidata da Valérie Hayer, presidente dell’eurogruppo Renew. Lo scrutinio europeo potrebbe indebolire la posizione da arbitro del gruppo liberale che Macron ha contribuito a imporre cinque anni fa e ora è in qualche modo insidiato dall’ascesa di Ecr guidato da Giorgia Meloni.

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