Cronaca

Allerta terapie intensive, dieci Regioni a rischio. Arcuri contro i governatori. Medici di base: "Autolockdown"

I dati del ministero della Salute e Iss: i reparti vicini al superamento della soglia limite del 30% di posti per i malati Covid. Mancano anche anestesisti e rianimatori. Il ministro: "Dove sono finiti i ventilatori mandati dal commissario per l'emergenza?". E lui: "I territori non hanno attivato 1600 posti". L'allarme di Ricciardi: "Le Asl non sono più in grado di tracciare i contagi"
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ROMA - Più posti sì, ma non tutti effettivamente disponibili e soprattutto non tutti riservati a malati Covid, ma medici rianimatori non sufficienti e ventilatori finiti non si sa dove. E intanto i medici di base lanciano l'appello: "E' giunto il momento che i cittadini considerino la necessità di un autolockdown per limitare al massimo il rischio di contagio a fronte dei numeri in preoccupante crescita". 

Proprio nei giorni in cui la crescita delle ospedalizzazioni preoccupa non poco gli esperti, emerge che l'atteso aumento dei posti di terapia intensiva ( fino a 9.300) è un bel pasticcio. Almeno 3.000 posti, per i quali il governo ha stanziato i fondi, sono ancora da realizzare. Per questo molte regioni sono già vicine al limite della saturazione dei posti in rianimazione, se si considerano quelli strutturali e quelli aggiunti e riservati solo ai pazienti Covid. Da qui il rimpallo di responsabilità tra governo, l'ufficio dell'alto commissario per l'emergenza Arcuri e le Regioni.

Il primo a lanciare il sasso è il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia che chiede spiegazioni sulla destinazione di centinaia di ventilatori messi a disposizione che avrebbero dovuto consentire di trasformare in tempo reale posti di terapia subintensiva in intensiva: "Massima disponibilità e massima trasparenza, chi ha bisogno di aiuto lo dica, ma questo va fatto prima di intervenire su lavoro e scuola. In questi mesi sono stati distribuiti ventilatori polmonari ovunque, così come confermato dal commissario straordinario Domenico Arcuri: il problema è dove sono finiti i ventilatori, attendiamo risposte in tempo reale dalle regioni". Boccia fa l'esempio della Campania: "Prima del Covid aveva 335 posti letto di terapia intensiva. Il governo attraverso Arcuri ha inviato 231 ventilatori per le terapie intensive e 167 per le sub intensive. Oggi risultano attivati 433 posti, devono essere 566".

E il commissario straordinario richiama le Regioni alle loro responsabilità: "In questi mesi alle Regioni abbiamo inviato 3.059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1.429 per le subintensive. Prima del Covid le terapie intensive erano 5.179 e ora ne risultano attive 6.628 ma, in base ai dispositivi forniti, dovevamo averne altre 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive. Chiederei alle Regioni di attivarle. Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori", ha aggiunto.

C'è poi l'allarme sulla mancanza di medici rianimatori a tal punto che non ci sarebbe chi deve far funzionare i posti aggiuntivi delle terapie intensive. "A fronte dell'aumento dei posti letto di terapia intensiva  manca ad oggi un aumento in egual misura del numero degli anestesisti, venendo a minare il rapporto tra personale anestesista e posto letto", la denuncia di Americo Ciocchetti, coordinatore del report settimanale dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell'Università Cattolica, campus di Roma. Prima dell'emergenza, evidenzia Altems, il rapporto in Italia tra anestesisti-rianimatori e posti letto di Ti era di 2,5. Per ogni posto letto c'erano cioè 2,5 unità di personale. Considerata la risposta strutturale delle regioni, ovvero l'acquisizione di personale tramite bandi per posizioni a tempo indeterminato e determinato, e l'incremento di posti letto previsto dal DL34, il rapporto scende a 1.6 (-0.9)

Diverso il monitoraggio del ministero della Salute e Iss che dà invece il dato delle Regioni con un rischio definito alto per la tenuta delle terapie intensive: si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d'Aosta.


Secondo il monitoraggio hanno una probabilità di superare la soglia del 30% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid nel prossimo mese, da alta a massima. Le regioni segnalate con il livello più alto di rischio per questo parametro sono la Lombardia e la Liguria.


Nel Lazio aumentano i positivi al Covid-19 ricoverati allo Spallanzani di Roma, che oggi superano quota 200. Secondo quanto si è appreso, nell'istituto al momento la capienza è al 60-70%. Il nosocomio ha però deciso di accettare da oggi soltanto pazienti Covid: una misura che guarda avanti, necessaria per garantire la disponibilità dei posti letto per l'emergenza Sars Cov-2. 

In Campania, annuncia Vincenzo De Luca, saranno garantite solo gli "interventi salvavita, per le emergenze estreme che riguardano problemi cardiologici, infarti, ictus, politrauma delicati, malati oncologici". "Sui positivi - aggiunge - quelli che chiedono o richiedono il ricovero ospedaliero sono il 4,3% che sul numero di contagiati che registriamo significa che oggi noi dobbiamo trovare 40-50 posti letto. Questo numero va ridotto in relazione al numero delle persone guarite, 10-12 al giorno. Il bilancio finale, oggi, è che dobbiamo trovare fra 30 e 35 posti letto. Questo significa, in media, che ogni giorno dovremo trovare 300 posti letto aggiuntivi in dieci giorni di contagio, in un mese 900 posti letto aggiuntivi".

L'Umbria, che nella prima fase della pandemia era stata relativamente risparmiata dai contagi e aveva avuto a lungo un numero minimo di malati e nessun problema negli ospedali, ora è invece tra le dieci regioni a rischio. Ieri il valore dell'indice di trasmissibilità Rt era sopra 1,4, con il record assoluto di casi positivi accertati nella regione in un solo giorno, 263, l'87% in più del dato di mercoledì, secondo quanto riporta il sito della Regione (4.012 i contagi dall'inizio della pandemia). Rimangono però stabili i ricoverati in intensiva, 12, mentre passano da 83 a 86 i malati Covid complessivi negli ospedali.


In Sardegna, invece, dopo il lieve calo di mercoledì, ieri c'è stata una nuova impennata della curva dei contagi, che sono 186. Nell'ultimo report dell'Unità di crisi regionale si conta anche una nuova vittima, 169 in tutto. La pressione sugli ospedali cresce, con oltre 200 ricoverati, tanto che l'assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, ha annunciato l'istituzione di un ospedale da campo a Nuoro (tra le province più colpite) e la riapertura dei reparti Covid nelle strutture private del Policlinico Sassarese e del Mater Olbia, accanto all'aumento dei posti letto a Cagliari e Sassari. Nell'emergenza, ieri a tarda serata, come ormai costume, il presidente della Regione Christian Solinas ha diramato un'ordinanza sullo smaltimento dei rifiuti domestici delle persone in quarantena, non proprio tra le misure più impellenti.  

Anche in Puglia la situazione delle terapie intensive è a rischio: Gimbe nella sua ultima rilevazione evidenzia come in Puglia ci sia stato un incremento di casi Covid superiore alla media nazionale. I positivi sono aumentati del 16,9%, contro una media nazionale pari al 10,7%. Anche il rapporto ricoveri/numero totale di positivi va oltre la media italiana, 8,3% in Puglia contro il 6,4% nazionale.

Mentre l'Abruzzo 
smentisce la saturazione del 150 per cento delle terapie intensive. "Il sistema è perfettamente in equilibrio e sotto controllo: quel numero emerge semplicemente da una diversa prospettiva con cui sono stati analizzati i dati generali" sostiene l'assessore alla Sanità, Nicoletta Verì, commentando i dati diffusi dal Rapporto Altems dell'Università Cattolica che danno l'Abruzzo come la Regione messa peggio.
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"Ci troviamo in una situazione di allerta in tutte le Regioni perchè si rischia, nel breve termine, una saturazione dei posti Covid se il trend dei contagi non si modificherà". È il quadro delineato dal presidente nazionale dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani-emergenza area critica (Aaroi-Emac), Alessandro Vergallo. Nelle Terapie intensive, avverte, "la pressione sta crescendo e iniziamo a vivere la paura che si possa tornare alla situazione drammatica della prima fase epidemica".

Walter Ricciardi, consigliere del ministro della salute per l'emergenza Covid e ordinario di Igiene generale e applicata alla Facoltà di medicina della Cattolica di Roma, spiega che "data la situazione molto grave di circolazione del virus, abbiamo indicato chiusure mirate nelle regioni con altissima circolazione del Sars-Cov2 finalizzate a consentire lo svolgimento delle attività scolastiche e produttive. Le chiusure, nelle zone dove l'indice di contagio è superiore a 1, dovranno riguardare punti di aggregazione come circoli, palestre, ed esercizi commerciali non essenziali. Mentre lo smart working dovrebbe diventare la forma ordinaria di lavoro in tutto il Paese. Punto cruciale è la sicurezza nei mezzi di trasporto pubblico e il loro rafforzamento".

Poi aggiunge: "Le Asl non sono più in grado di tracciare i contagi, quindi la strategia di contenimento del virus non sta funzionando. Questo è dovuto a due fenomeni in atto in molte regioni: il mancato o ritardato rafforzamento dei Dipartimenti di prevenzione (basso numero di medici igienisti a disposizione) e ai migliaia di focolai in atto. La situazione è molto grave, le regioni stanno andando verso la perdita del controllo dei contagi. Il contact tracing non sta funzionando né manualmente, con le interviste ai positivi al virus sui loro contatti, né tecnologicamente con l'app Immuni".

"Se i contagi dovessero ulteriormente aumentare, per non far perdere l'anno scolastico ai ragazzi" le soluzioni sono due: "O si introduce la didattica a distanza, parziale o totale per coloro che hanno necessità, oppure si differenziano gli orari della scuola". Così Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni a Mattino 5. "Se gli orari scolastici vengono distribuiti in maniera più spalmata sull'arco della mattina e del pomeriggio - ha aggiunto - diminuisci la pressione su coloro che devono essere portati a scuola e riportati a casa".

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